Articolo pubblicato in Bugnion News n.26 (Gennaio 2018)
Non occorre essere fanatici di calcio per aver notato che, a partire dai Campionati Mondiali disputati in Brasile nel 2014, gli arbitri hanno adottato l’uso di una curiosa bomboletta. Quando deve essere calciata una punizione, l’arbitro mette mano alla bomboletta e spruzza una schiuma con cui segna la posizione della palla e della barriera. In questo modo si evita ogni tentazione agli eventuali furbetti in campo. Dopo circa un minuto la schiuma si dissolve, senza creare alcuna confusione nelle fasi successive del gioco.
Ebbene, la curiosa bomboletta sarebbe al centro di una disputa legale tra l’inventore, un certo Heine Allemagne, cittadino brasiliano, e la FIFA. Sulle prime, stando all’articolo comparso sul New York Times lo scorso 16 dicembre, la vicenda sembrerebbe una riedizione in salsa brevettuale dello scontro tra Davide e Golia.
Dopo circa 15 anni di sviluppo, Allemagne è riuscito a mettere a punto una schiuma adatta all’uso descritto sopra e l’ha brevettata con il nome di 9.15 Fair Play Limit. Alcune federazioni calcistiche del Sudamerica adottavano già lo spray quando nel 2014, in occasione dei campionati del mondo in Brasile, Allemagne ne ha proposto l’uso anche alla FIFA. Inizialmente la FIFA si sarebbe mostrata interessata, offrendo 500 mila dollari per l’acquisto del brevetto, ma sul momento l’affare non andò a buon fine e Allemagne si limitò a fornire gratuitamente 300 bombolette perché fossero impiegate nella manifestazione. Ad una conferenza stampa, tenuta durante la Coppa del Mondo, Allemagne disse di essere cresciuto povero e che sperava che la sua invenzione gli avrebbe cambiato la vita. Le cose sembravano mettersi per il verso giusto perché, terminata la manifestazione, l’allora segretario generale della FIFA Jérôme Valcke, dichiarò che l’uso della bomboletta era stato un grande successo per tutti e che aveva certamente giovato al fair play. Stando ai giornali del tempo, molti consideravano Allemagne destinato a diventare milionario.
Tuttavia Valcke, contestualmente agli apprezzamenti, scrisse anche che la FIFA non aveva più alcuna intenzione di comprare il brevetto. Così Allemagne, dopo aver cercato invano di far valere i propri diritti presso la FIFA, ha avviato una causa presso il tribunale di Rio de Janeiro. L’accusa per la FIFA è di essersi appropriata della sua idea e di aver consentito ad altre società di produrre e vendere bombolette concorrenti. Allemagne avrebbe chiesto inoltre un risarcimento di 100 milioni di dollari.
La settimana del 16 dicembre, il tribunale di Rio de Janeiro avrebbe dato ragione ad Allemagne, riconoscendo l’esistenza del brevetto in 44 stati e ordinando alla FIFA di smettere l’uso delle bombolette in tutte le sue competizioni, pena una multa di 15.000 dollari a partita. La FIFA ha dichiarato di non poter rilasciare commenti, perché la disputa potrebbe proseguire in appello. L’articolo si chiude con una nota di colore: da quando è iniziata la sua disputa con la FIFA, Allemagne non avrebbe venduto nemmeno una bomboletta.
Spesso quando ci sono di mezzo i brevetti, le notizie assumono contorni indefiniti e spesso poco probabili. In questo caso inoltre è probabile che la vicenda, già in sé piuttosto complessa, sia stata ricostruita prevalentemente sulla base delle dichiarazioni di Allemagne, perdendo un po’ in verosimiglianza.
Riporto di seguito alcuni dei dubbi che mi sono venuti. Mi è sembrato sospetto l’abbinamento tra lo status di Allemagne e la notevole estensione territoriale della tutela. L’articolo cita ben 44 titoli nazionali! Io, con una breve consultazione delle banche dati ne ho trovati 42, ma una simile discrepanza è facilmente spiegabile, ad esempio per l’uso di criteri diversi nell’individuazione dei singoli titoli brevettuali. In ogni caso una simile estensione territoriale male si accompagna alla dichiarazione di Allemagne di essere cresciuto povero. Ahimè, io personalmente non ho mai avuto un cliente che abbia esteso così tanto un proprio brevetto, neanche tra quei clienti che non si lamentano mai delle proprie risorse economiche!
Ci sono poi delle domande ancora più di base: perché mai la FIFA avrebbe dovuto comprare il brevetto? Non sarebbe stato sufficiente che comprasse le bombolette? E ancora, quale responsabilità può essere riconosciuta alla FIFA se altri produttori hanno venduto bombolette contraffatte? Certo, la contraffazione del brevetto è attuata da tutti i soggetti coinvolti: il produttore, il venditore, l’importatore e anche l’utilizzatore finale. Ma non sarebbe stato più facile per Allemagne attaccare direttamente le società concorrenti anziché la FIFA? A questo proposito mi sono anche tolto una curiosità, per cercare di inquadrare il fenomeno dal punto di vista numerico, cosa che avrebbe dovuto fare certamente anche Allemagne per decidere come procedere per tutelare i propri diritti. Limitando l’analisi al solo 2017, la FIFA ha organizzato e gestito 6 competizioni internazionali per un totale di 185 partite. Ebbene, per i soli campionati brasiliani riconducibili alle nostre serie A e serie B, sono state giocate ben 760 partite. La FIFA rappresenta davvero un bersaglio grosso?
Poi, quale sarà stato esattamente l’oggetto della causa? Forse l’esistenza stessa dei brevetti di Allemagne? Così sembrerebbe, stando all’articolo del New York Times, se il giudice ha dovuto stabilire che di tali brevetti ne esistono effettivamente ben 44 al di là di ogni dubbio. Strana decisione! Solitamente nelle cause si discute della validità dei brevetti, non della loro esistenza. Ma un giudice brasiliano, per quanto autorevole, potrebbe eventualmente decidere della validità dei soli brevetti brasiliani. Restando ad analizzare la sentenza, come potrebbe un giudice brasiliano impedire alla FIFA l’uso delle bombolette in tutte le proprie partite e comminare un’eventuale multa? Per definizione la FIFA gestisce direttamente solo le competizioni intercontinentali che si svolgono ovunque nel mondo. Dobbiamo forse ipotizzare che il tribunale di Rio de Janeiro abbia il potere di emettere delle sentenze con effetto trans-nazionale? Mi sembra quanto meno difficile. Per inciso, nel 2017 nessuna partita gestita direttamente dalla FIFA sembra essere stata giocata in Brasile.
Infine suona molto strana anche la nota intrisa di pietismo secondo cui Allemagne non avrebbe venduto nessuna bomboletta dal 2014. Cercando in rete 9.15 Fair Play Limit (che è evidentemente un marchio e non ha quindi nulla a che vedere con il brevetto!) si trova ampia disponibilità di bombolette su svariati siti di e-commerce, specializzati e generalisti. Inoltre il sito www.FairPlay915.com, che sembra riconducibile al prodotto originale, riporta i nomi di una dozzina di federazioni calcistiche nazionali che adottano il prodotto. Le bombolette di Allemagne sono dunque molto diffuse, in tutto il mondo.
Insomma, un gran polverone non ci consente di capire bene cosa sia successo realmente. Forse, pur avendo a disposizione un ottimo strumento di tutela, Allemagne ha semplicemente sbagliato ad usarlo.
© BUGNION S.p.A. – Gennaio 2018