Articolo pubblicato in Bugnion News n.43 (Giugno 2020) – Ascolta la versione Audio
Negli ultimi mesi, a seguito della pandemia di Covid-19 che ha obbligato tutti noi a non uscire di casa, ci si è affidati alla tecnologia per restare in contatto con i propri amici e familiari ma non solo! Per tutto il tempo dell’emergenza, le persone hanno fatto ricorso alla tecnologia per seguire lezioni scolastiche, partecipare a riunioni, scambiare informazioni e progetti di lavoro.
Fra le tante applicazioni, ce ne è una utilizzata più di altre: ZOOM!
Zoom Video Communications Inc., società di servizi di teleconferenza con sede a San Jose in California e titolare di Zoom, ha dichiarato che rispetto ai 10 milioni di utenti fatti registrare a dicembre 2019, a marzo 2020 l’applicazione aveva superato 200 milioni di partecipanti giornalieri (considerando sia la versione gratuita, sia quella a pagamento).
E pensare che sino a qualche mese fa, per molti di noi Zoom era un programma sconosciuto!
Ma allora, come mai è stato utilizzato in maniera preponderante rispetto a programmi analoghi? Una spiegazione potrebbe risiedere nel numero di partecipanti per ogni riunione virtuale che, rispetto ad altre piattaforme, possono arrivare a contare sino ad un numero di 1000 accessi contemporanei. Altri punti di forza riconosciuti alla piattaforma sono la semplicità d’utilizzo, la flessibilità (può essere lanciato sia da pc che da smartphone e tablet), la stabilità e soprattutto la gratuità.
Il massiccio utilizzo della piattaforma ha evidenziato però problemi di sicurezza e Zoom si è dimostrato particolarmente vulnerabile agli attacchi degli hacker. Il fenomeno, conosciuto come “zoombombing”, ha evidenziato la semplicità con la quale questi soggetti riescono a intrufolarsi nelle videochat in corso anche senza avere ricevuto l’invito o senza conoscere nessuno dei partecipanti, catturando il codice identificativo della videochat attraverso appositi programmi, simili a quelli utilizzati per clonare i pin delle carte di credito.
Nonostante ciò, l’utilizzo di Zoom non sembra diminuire nemmeno in questa fase dell’emergenza dove rimane importante il distanziamento sociale al fine di evitare una seconda ondata di contagi. La piattaforma viene utilizzata praticamente per qualsiasi cosa: consulti sanitari con medici e specialisti, riunioni aziendali, rimpatriate tra amici e familiari, lezioni di ogni tipo e persino matrimoni!
Per tutta risposta l’azienda statunitense, titolare della piattaforma, pare stia cercando di ampliare il portfolio marchi per mantenere il passo con il successo del segno. Seppur non con la medesima velocità di diffusione del nome presso gli utenti, le domande di registrazione del marchio Zoom in vari territori, si sono moltiplicate a partire dai primi mesi dell’anno in corso. Interessante constatare come la piattaforma, nata nel 2011, abbia ottenuto la tutela del marchio con domanda di registrazione depositata negli Stati Uniti solo a partire dalla seconda metà del 2017 e, ancora oggi, la portata territoriale relativa al segno Zoom risulta meno diffusa di quanto si potrebbe immaginare.
Accanto al recente moltiplicarsi delle domande di registrazione del nome dell’applicazione, il titolare ha depositato anche altri marchi a contenuto ZOOM quali ZOOMROOMS/ ZOOM ROOMS e ZOOMTOPIA. Che la strategia aziendale sia quella di creare una famiglia di marchi?
Indipendentemente dalle azioni di tutela messe in campo dalla Zoom Video Communications Inc. e come riportato dalla blogger Erin Griffith del New York Times, con il successo di Zoom, pare che negli Stati Uniti si sia intensificato il fenomeno delle startup “veloci” (uno dei significati della parola Zoom è infatti “sfrecciare”). Le start-up dal suono veloce quali Zoomd, Zoomi, Zumi, Zoomy, Zoomies, Zoomin, Zoomvy, Zoomly, Zoomph e Zoom.ai, offrono servizi di vario genere specialmente in modalità online. Pare quindi che all’ombra della nota piattaforma, si stiano facendo strada una serie di altre iniziative quantomeno simili sotto il profilo fonetico e visivo rispetto al marchio Zoom.
Sono tutti tentativi di agganciamento parassitario o di contraffazione? La risposta potrebbe essere affermativa, anche se la tutela “tardiva” del marchio Zoom potrebbe riservare sorprese in relazione ad eventuali contestazioni relative ai marchi aventi ad oggetto i nomi delle startup sopra citati.
Non ci risulta che la società Zoom Video Communications Inc, sia stata sino ad ora particolarmente attiva in difesa del proprio marchio principale, forse incoraggiata anche dal fatto che alcuni Uffici Marchi, come quello statunitense (presso il quale sono stati depositati il maggior numero dei segni della società), compiono un esame di novità su tutti i nuovi marchi depositati. Questo ovviamente riduce notevolmente la necessità, del titolare di un marchio anteriore, di attivarsi con procedimenti volti a ottenere il rigetto di domande di registrazione successive.
Pare quindi sia venuto il momento per Zoom Video Communications Inc. di velocizzare e rendere maggiormente efficaci le strategie di tutela dei diritti di proprietà intellettuale a livello globale onde evitare che, sotto la sua ombra, si annidino altri segni in grado di creare indebito vantaggio e/o pregiudizio a quello che pare ormai destinato ad essere riconosciuto come marchio notorio.
Con buona pace di tanti imprenditori quindi, anche i colossi del mondo digitale devono imparare ad essere resilienti per affrontare questo particolare momento economico post Covid-19.
© BUGNION S.p.A. – Giugno 2020