Articolo pubblicato in Bugnion News n.41 (Aprile 2020) – Ascolta la versione Audio
L’esplosione della pandemia COVID 19, causata dal Coronavirus SARS-COV-2 ha colto tutti di sorpresa. Infatti, i coronavirus umani sono molto diffusi nella popolazione mondiale e, nella grande maggioranza dei casi, causano malattie minori, quali il raffreddore.
Attualmente non esistono vaccini o trattamenti autorizzati per il nuovo coronavirus. Come abbiamo appreso in queste settimane, lo sviluppo di un vaccino o di nuovo farmaco antivirale specifico per il nuovo coronavirus richiederà mesi, se non anni. La comunità scientifica si è quindi da subito orientata sull’utilizzo di farmaci antivirali e antinfiammatori già presenti sul mercato ed utilizzati per altre patologie.
Tuttavia, molti dei farmaci di cui abbiamo imparato a conoscere almeno il complicato nome (tocilizumab su tutti), sono coperti da brevetti, pertanto solo i titolari dei brevetti sarebbero autorizzati a produrre i preziosi farmaci. Tuttavia, l’emergenza impone tempi brevissimi e, un’eventuale scoperta di un farmaco davvero utile nella terapia di COVID 19, necessiterebbe di una larga produzione del farmaco su scala globale.
ll governo del Costa Rica, con una lettera datata 23 marzo 2020, ha chiesto ufficialmente all’Organizzazione mondiale della sanità di creare un team di esperti, giuristi e scienziati, per mettere insieme una serie di brevetti e di tecnologie contro Covid-19 e di renderli disponibili a tutti. A firmare la lettera sono stati il presidente della Repubblica costaricense Carlos Alvarado Quesada e il ministro della Salute Daniel Salas Peraza. Anche l’Italia è stata sollecitata nel partecipare a questa iniziativa.
In attesa di futuri accordi internazionali in materia di proprietà industriale, come ci si dovrebbe comportare se il titolare di un brevetto “bloccasse” la produzione in grande scala di un farmaco importante per la sopravvivenza di milioni di persone? Ci sono strumenti per superare questo blocco ed evitare cause di contraffazione?
La speranza è che le case farmaceutiche si dimostrino collaborative, rinunciando ai loro diritti di esclusiva e ad azioni legali per la contraffazione dei brevetti, evitando inoltre di trarre profitto dalla pandemia.
Se così non fosse, la Legge Italiana prevede che l’oggetto del brevetto debba essere attuato entro tre anni dalla data di concessione del brevetto e che l’attuazione sia tale da non risultare in grave sproporzione con i bisogni del Paese. Se tali requisiti non vengono soddisfatti, lo Stato può concedere una licenza obbligatoria, cioè autorizzare terzi a produrre il farmaco, o determinare la decadenza del brevetto.
Detto diritto è sancito anche dagli accordi internazionali sul commercio (TRIPS).
Ad oggi, l’Italia non ha ancora dovuto esercitare questo diritto, ma altri Paesi hanno già concesso licenze obbligatorie.
Per esempio, Canada, Cile, Ecuador e Germania hanno già preso provvedimenti emettendo una licenza obbligatoria per i farmaci, i vaccini e altri strumenti medici destinati al trattamento del Covid-19. Allo stesso modo, il governo israeliano ha rilasciato una licenza obbligatoria per i brevetti esistenti su un farmaco in corso di valutazione per il Covid-19.
Dall’altro lato, le case farmaceutiche hanno intrapreso condotte abbastanza collaborative a tale riguardo. Per esempio, la casa farmaceutica Gilead aveva inizialmente bloccato l’accesso al suo farmaco candidato COVID-19, remdesivir, ad eccezione delle donne incinte e dei bambini con sintomi gravi. Nel sospendere l’accesso a remdesivir, il 22 marzo 2020 Gilead aveva rilasciato una dichiarazione aziendale che citava “una domanda travolgente” e “un aumento esponenziale” di richieste per il farmaco. Tuttavia, le restrizioni imposte da Gilead a remdesivir sono dovute al fatto che il 23 febbraio 2020 la Food and Drug Administration statunitense (“FDA”) ha concesso lo status di farmaco “orfano” che consente un periodo di sette anni di esclusiva di mercato per le aziende farmaceutiche che sviluppano trattamenti per una “malattia rara” e fornisce anche crediti d’imposta. La mossa strategica di Gilead per ottenere lo status di farmaco orfano per remdesivir bloccava i produttori di farmaci generici dal fornire il farmaco e quindi limitava ulteriormente l’accesso alle cure.
Il farmaco remdesivir era stato precedentemente utilizzato per il trattamento del virus Ebola, della sindrome respiratoria mediorientale (MERS) e della sindrome respiratoria acuta grave (SARS), ma queste infezioni non avevamo avuto una diffusione minimamente vicina a quella di COVID-19. Se remdesivir si rivelasse efficace nella lotta contro COVID-19, un brevetto che proteggesse un tale uso potrebbe far guadagnare al titolare del brevetto miliardi di dollari.
Tuttavia, a seguito di intense critiche, Gilead ha rinunciato alla designazione speciale di “farmaco orfano” per il suo antivirale remdesivir. Ciononostante, in attesa dei risultati preliminari degli studi clinici sul remdesivir per il trattamento di Covid-19 attesi per fine aprile, Gilead non si è ancora impegnata a non azionare i suoi brevetti a livello globale.
Gilead non è l’unica casa farmaceutica ad aver invocato una posizione protezionistica, cercando di trarre profitto dalla pandemia globale attraverso il principio di esclusione del sistema dei brevetti. La Labrador Diagnostics LLC aveva presentato una causa per contraffazione di un loro brevetto contro l’azienda BioFire Diagnostics, una start-up che ha lanciato tre test per la diagnosi di COVID-19. Labrador ha anche richiesto un’ingiunzione per chiedere a BioFire di smettere di utilizzare la tecnologia coperta dai brevetti “Theranos”. Tuttavia, dopo il deposito della causa e, apparentemente dopo una reazione pubblica, Labrador ha rilasciato un comunicato stampa in cui affermava che avrebbe permesso a terzi di utilizzare i suoi brevetti Theranos per sviluppare i test COVID-19 con una licenza gratuita, ma che sta continuando la sua causa contro BioFire per attività degli ultimi sei anni non correlate ai test COVID-19.
Di tutt’altra visione è stata la casa farmaceutica AbbVie, che ha da subito assunto una posizione coraggiosa in materia di salute pubblica, sospendendo l’applicazione dei suoi diritti di brevetto su scala mondiale per tutte le formulazioni del farmaco contro l’HIV, Kaletra, che è in fase di valutazione come candidato al trattamento del COVID-19 in diversi studi clinici. La posizione coraggiosa di AbbVie permetterà ad altri di produrre versioni generiche di Kaletra, senza timore di ripercussioni basate su possibili cause per contraffazione del brevetto. Questo permetterebbe ai paesi di acquistare versioni generiche di Kaletra, se si dimostrerà efficace nel trattamento di COVID-19, e potrebbe contribuire ad alleviare possibili carenze di fornitura del farmaco. AbbVie è il primo produttore di farmaci ad assumere una posizione così forte in materia di salute pubblica per la pandemia di COVID-19. Tuttavia, sembra che la decisone di di AbbVie di sospendere i suoi diritti di brevetto su Kaletra sia dovuta, più che ad un atto di pura benevolenza, al fatto che più di uno studio clinico avessero già dimostrato la scarsa efficacia di Kaletra nel trattamento di COVID-19.
Nonostante gli enormi interessi economici, la maggior parte delle aziende, farmaceutiche e non, si stanno dimostrando collaborative, rinunciando (temporaneamente?) ai loro diritti brevettuali. Tuttavia, nei prossimi mesi (speriamo) saranno disponibili diversi vaccini per il COVID-19, che potrebbero generare miliardi di introiti. Come si comporteranno le case farmaceutiche? Lo scopriremo nei prossimi articoli…
© BUGNION S.p.A. – Aprile 2020