Articolo pubblicato in Bugnion News n.34 (Maggio 2019)
Alla fine dello scorso anno, Nirvana LLC – società che controlla e gestisce tutti gli asset dell’omonima band, di proprietà degli eredi del defunto frontman Kurt Cobain e dei membri superstiti Dave Grohl e Krist Novoselic – ha intentato una causa davanti al Tribunale Federale per il Distretto della California Centrale contro Marc Jacobs International LLC e altri, per pretesa violazione dei propri diritti di copyright e di marchio d’impresa sullo smiley simbolo del noto gruppo grunge.
In particolare, gli ex membri della storica band contestano a Marc Jacobs l’utilizzo non autorizzato di un’immagine “praticamente identica” al suddetto logo su alcuni capi della sua recente “Redux Grunge Collection”, presentata nel novembre 2018, nonché l’uso predominante di tale immagine nella comunicazione promozionale e pubblicitaria relativa alla collezione nel suo insieme, con l’effetto di suggerire una (inesistente e non autorizzata) associazione fra la collezione e i singoli capi di abbigliamento contestati e la band Nirvana.
Il disegno del quale l’attrice lamenta la violazione è costituito da uno smiley di forma circolare irregolare, con “X” come occhi e una linea ondulata dalla quale spunta una lingua come bocca.
L’immagine contestata utilizzata da Marc Jacobs rappresenta, invece, uno smiley di forma circolare irregolare, con le lettere “M” e “J” (iniziali dello stilista) come occhi e una linea ondulata dalla quale spunta una lingua come bocca. Inoltre, sopra allo smiley, in stampatello maiuscolo, è riportata la parola “HEAVEN”.
Stando a quanto esposto nell’azione, l’immagine in questione sarebbe stata creata da Kurt Cobain nel 1991 e registrata presso l’Ufficio Copyright degli Stati Uniti (USCO) come opera protetta da copyright nel 1993 (registrazione no. VA0000564166), ma, già a partire dal 1992, sarebbe stata ininterrottamente utilizzata, sia da sola che in associazione con la parola “Nirvana”, per identificare la musica e il merchandising ufficiale della band, e quindi anche su capi di abbigliamento – felpe, t-shirt, zaini – analoghi a quelli oggetto di contestazione.
Gli ex membri dei Nirvana sostengono, inoltre, che il logo dovrebbe essere tutelato anche quale marchio d’impresa (pur in assenza di una registrazione) essendo stato utilizzato per identificare “i servizi e il merchandising” della band per oltre 25 anni, e che quindi sarebbe ormai generalmente associato alla stessa, con l’effetto che “una parte significativa dei consumatori presume che tutti i prodotti o servizi che recano il logo siano approvati o associati ai Nirvana”.
Nirvana LLC sottolinea infine come, oltre che sugli specifici capi di abbigliamento contestati, il logo sia stato ampiamente utilizzato nel materiale pubblicitario e promozionale e nella comunicazione relativi alla “Redux Grunge Collection”, da solo o insieme a numerosi altri riferimenti del pari idonei a rafforzare nel consumatore, l’associazione fra la collezione e Nirvana (quali ad esempio testi, titoli, clip di video di celebri canzoni dei Nirvana e il ripetuto riferimento al genere musicale “grunge”).
Lo scorso marzo, Marc Jacobs International LLC ha chiesto il rigetto delle domande di Nirvana LLC sulla base di una serie di argomenti fondati, tra le altre, sia su questioni relative a profili sostanziali dei diritti azionati da quest’ultima, sia su questioni relative alle formalità necessarie alla tutela di opere tutelate da copyright nell’ordinamento statunitense.
Preliminarmente, Marc Jacobs rileva come l’oggetto della registrazione azionata da Nirvana LLC sia diverso da quello prospettato, non avendo ad oggetto unicamente lo smiley, ma il design di una intera t-shirt, composto di vari elementi figurativi e testuali, in particolare:
- uno smiley che sembra disegnato a mano libera, avente una forma circolare irregolare, “X” al posto degli occhi e una linea ondulata al posto della bocca, con una lingua che spunta dalla stessa;
- la parola “NIRVANA” posta al di sopra dello smiley;
- la scritta “flower sniffin kitty pettin baby kissin corporate rock whores” posta al di sotto di una linea orizzontale sul retro della t-shirt.
Riproduzione fotografica della t-shirt allegata alla registrazione azionata da Nirvana LLC
Secondo le tesi di Marc Jacobs, Nirvana LLC non potrebbe quindi vantare diritti di copyright sul solo smiley, ma sul design della t-shirt nel suo insieme.
Inoltre, sempre secondo la casa di moda, Nirvana LLC non avrebbe fornito adeguata prova di essere legittima titolare della richiamata registrazione: stando alla ricostruzione offerta, infatti, lo smiley sarebbe stato creato da Kurt Cobain nel 1991; tuttavia Nirvana LLC non avrebbe fornito alcuna spiegazione o evidenza circa le modalità con cui Kurt Cobain, identificato come autore dello smiley, avrebbe trasferito i propri diritti sull’opera alla società che ha poi proceduto a registrarla presso lo USCO.
Inoltre, posto che nel ricorso Cobain viene identificato come autore unicamente dello smiley, non risulta chiaro nemmeno chi siano gli autori delle altre componenti dell’opera registrata (ovvero la parola “NIRVANA” e la scritta posta sul retro della t-shirt), ove diversi dallo stesso Cobain.
Sul punto, Marc Jacobs rileva anche come dalle allegazioni e produzioni degli ex membri della band risulti con chiarezza che i vari elementi componenti l’opera oggetto della suddetta registrazione (lo smiley, la parola NIRVANA e la scritta posta sul retro della t-shirt) sarebbero stati pubblicati per la prima volta in date diverse. Da ciò deriverebbe la nullità della registrazione, posto, che, secondo la tesi di Marc Jacobs, anche prescindendo dalle incertezze relative alla titolarità dei vari elementi che compongono l’opera registrata, multiple opere individualmente tutelabili da copyright potrebbero essere oggetto di un’unica registrazione solo ove abbiano la medesima data di prima pubblicazione.
In ogni caso, Marc Jacobs sostiene che la domanda di violazione di copyright di Nirvana LLC dovrebbe essere rigettata perché non esisterebbe alcuna somiglianza tra l’opera oggetto della registrazione azionata e l’immagine che la casa di moda ha utilizzato sui vestiti della propria collezione: secondo la prospettazione, l’unica somiglianza tra l’oggetto della registrazione in questione e l’immagine contenuta sui prodotti contestati sarebbe l’uso di un contorno sostanzialmente circolare per lo smiley e di una linea ondulata usata per la bocca, con una lingua che spunta. Ciò non rappresenterebbe, sempre secondo Marc Jacobs, una somiglianza sufficiente ad integrare una violazione dei diritti di esclusiva di Nirvana LLC sull’opera in oggetto, posto che si tratterebbe di somiglianze minori, per di più riferibili solo ad uno dei tre componenti della registrazione.
Infine, per quanto riguarda la pretesa violazione di marchio, Marc Jacobs sostiene che Nirvana LLC avrebbe mancato di fornire adeguata prova dell’uso dello smiley come marchio d’impresa rilevando, tra le altre cose, come quest’ultima abbia depositato a fine gennaio 2019 una domanda di registrazione di marchio presso l’Ufficio Brevetti e Marchi statunitense avente ad oggetto proprio lo smiley azionato, fondata sul c.d. “intent to use”, e cioè sulla dichiarazione (giurata) del richiedente di non aver mai utilizzato il marchio in commercio ma di avere intenzione di farlo nel prossimo futuro. Già questo, secondo Marc Jacobs, si porrebbe in aperta contraddizione con quanto sostenuto da Nirvana LLC circa il preteso uso come che avrebbe fatto di suddetto logo come marchio d’impresa per oltre 25 anni.
In attesa dei prossimi sviluppi della questione, pare opportuno sottolineare fin d’ora come l’esito della causa dipenderà, con ogni probabilità, dal modo in cui la corte riterrà di valutare le incongruenze formali evidenziate da Marc Jacobs, le quali avrebbero, forse, potuto essere evitate dagli ex membri dei Nirvana riservando una maggiore cura alla fase di deposito e successivo trasferimento dei diritti di proprietà intellettuale e industriali oggetto del procedimento.
Il caso in questione permette comunque di apprezzare l’importanza (tutt’altro che trascurabile) di questi aspetti, con possibile pregiudizio della registrazioni effettuate e degli investimenti sostenuti. Proprio per scongiurare tale rischio, la scelta attenta di un consulente in proprietà intellettuale e industriale per valutare questi aspetti risulta senz’altro fondamentale.
© BUGNION S.p.A. – Maggio 2019