Pubblicato su EconomyUp
Nella normativa brevettuale italiana ed europea è possibile tutelare le “invenzioni realizzate con l’ausilio di un computer” o “Computer Implemented inventions”.
In altre parole, NON può essere tutelato brevettualmente il software in sé (cioè il codice sorgente), bensì lo schema a blocchi delle funzionalità del software ed una sua descrizione (quindi una sua astrazione) in termini correnti purché tale descrizione evidenzi un esistente “effetto tecnico” del software.
L’effetto tecnico deriva dall’esecuzione del software nel controllo di un’apparecchiatura fisica (ad esempio software per controllare la frenata di un veicolo o per trasmettere informazioni in modo sicuro su di una rete) o, pur non applicandosi direttamente a un’apparecchiatura fisica, deriva dal conseguimento di effetti “concreti”, ad esempio, minor tempo di elaborazione, migliore elaborazione, risultati più rappresentativi (cioè più completi), ecc. ; in termini generali, l’effetto tecnico si può estrinsecare su funzionalità interne al computer o su apparecchiature controllate da computer.
Il deposito di un brevetto su di un’invenzione realizzata tramite computer deve quindi soddisfare requisiti più stringenti di un “semplice” brevetto meccanico o chimico.
Sulla base dell’interpretazione corrente a livello italiano ed europeo, un software relativo a procedure gestionali/amministrative viene molto probabilmente considerato “non tecnico” e quindi materia non brevettabile, mentre un software per controllo di processo (con l’apparecchiatura che controlla) o un software che migliora le prestazioni di un computer (ad esempio un software di ottimizzazione di utilizzo di una memoria) è sicuramente “tecnico” e quindi rappresenta materia potenzialmente brevettabile.
La valutazione di brevettabilità di una “Computer Implemented Invention” da parte dell’Ufficio competente prevede quindi la descritta valutazione di “tecnicità” che viene seguita da una valutazione dei requisiti “classici” di novità e non ovvietà dell’invenzione.