Articolo pubblicato in Bugnion News n.54 (Novembre 2021)
“Ready Player One” è il titolo del film diretto dal sempre ingegnoso Steven Spielberg, basato sull’omonimo romanzo di Ernest Cline e dedicato al mondo della realtà virtuale, in cui alcuni ragazzi, cambiando sembianze e identità, partecipano ad una avvincente caccia al tesoro. In chiave più vintage, tornano alla mente anche le sequenze, certamente meno accattivanti dal punto di vista grafico ma ugualmente incisive ed a tratti angoscianti, del film “Il Tagliaerbe” di Brett Leonard dei primi anni 90, in cui il mite giardiniere si trasforma in un individuo estremamente aggressivo e con eccezionali poteri psichici, proprio grazie ai training nella realtà virtuale.
Oggi anche la società di Mark Zuckerberg ha cominciato a diffondere e promuovere l’idea del suo ‘metaverso’: un universo parallelo alla realtà, tutto virtuale, in cui evidentemente ci sarà spazio e tempo da dedicare per coloro che vogliono sperimentare il gusto di una alternativa al mondo reale. C’è ad oggi ancora poco di concreto, in quanto gli ingegneri di Facebook sono al lavoro per la costruzione di questo progetto, che dovrebbe comunque veder la luce presto.
Accanto agli interrogativi etici ed agli interessantissimi sviluppi tecnologici, la vicenda interessa anche per i risvolti relativi alla proprietà intellettuale, in quanto la decisione societaria di modificare la propria ragione e denominazione da Facebook in ‘Meta’ potrebbe portare con sé non pochi problemi e conflitti.
Pare infatti che sia già in atto una controversia con una società denominata META PC con sede in Arizona, da anni attiva in un settore affine e ad alta tecnologia, titolare di un marchio depositato ad agosto 2021.
I titolari di detta società, posti di fronte alle dichiarazioni di Facebook, hanno annunciato, in tono sarcastico, che saranno loro a breve a chiamarsi Facebook e, in tono meno sarcastico, che non cederanno i diritti all’utilizzo del nome e Marchio per meno di 20 milioni di dollari.
La vicenda è interessante per due ordini di motivi.
Il primo, metagiuridico (per rimanere in tema), per cui il corrispettivo dichiarato dalla società META, considerato l’impatto e la dimensione del progetto di Zuckerberg, non sembra poi così elevato. Ed anzi viene da pensare che sia solamente una base di partenza, da rivedere, una volta effettuate le due diligence.
Il secondo sta nel fatto che una volta di più si dimostra come in determinate circostanze il valore della denominazione e del marchio, e quindi dei segni distintivi associabili all’attività d’azienda, possa superare di gran lunga il valore di quest’ultima o comunque incrementarlo notevolmente. Quindi questi asset devono essere registrati e protetti ad ogni costo, perché possono seguire una valorizzazione del tutto indipendente dall’andamento di mercato, o comunque non necessariamente allo stesso connessa, e possono rappresentare anche il perno della svolta nella vita d’azienda.
Perché se è vero che non capita tutti i giorni che Zuckerberg bussi alla porta per comprare la denominazione aziendale ed i Marchi è anche vero che in dimensioni ridotte ben si possono immaginare casi in cui per l’interesse commerciale di un più grande partner i propri marchi siano? ‘sopravvalutati’ in un contesto di cessione.
Sarà interessante seguire la vicenda anche per il fatto che da una ricerca rapida effettuata sul Registro dei Marchi USA esistono ben 6 Marchi ‘META’ registrati da omonime società. Facebook sarà generosa con ognuna di queste?
© BUGNION S.p.A. – Novembre 2021