Articolo pubblicato in Bugnion News n.32 (Gennaio 2019)
Nello scorso mese di novembre si è celebrato il centenario della fine di quella immane tragedia che fu la prima guerra mondiale. Com’è naturale che fosse, dal 2014 in poi si è registrata una notevole attività sul tema della Grande Guerra e questo fenomeno mi è sembrato particolarmente interessante laddove ha coinvolto l’intera società, dal livello accademico fino alle più piccole e appassionate realtà locali. Mi piace pensare che le pubblicazioni, le mostre, le rievocazioni, le celebrazioni si siano moltiplicate con lo scopo ultimo di mantenere viva la memoria e di mantenere deste le coscienze, perché la Storia continui ad insegnare e ad essere da monito. Se da un lato è evidente che risulterebbe presuntuoso anche solo il tentativo di aggiungere qualcosa a quanto scritto e detto da autori ben più titolati, d’altro lato mi sembrava doveroso non far passare sotto silenzio questa importante ricorrenza, pur nei limiti di questa nostra newsletter.
Un primo sviluppo del tema avrebbe potuto essere quello di evidenziare, in relazione al periodo 1914-1918, il ben noto legame che intercorre tra la guerra e lo sviluppo tecnologico. È risaputo infatti che le necessità belliche svolgono una funzione catalizzatrice per lo sviluppo di nuove soluzioni tecnologiche, con ricadute che a volte, per fortuna, esulano dall’ambito strettamente militare. Tuttavia su questo argomento sono reperibili già molti lavori, si vedano a titolo di esempio le pagine divulgative di Focus , di Wired o di Wikipedia con la relativa bibliografia.
Proprio ragionando su come fossero gestiti i depositi brevettuali durante il periodo bellico, mi è venuta la curiosità di seguire un approccio differente, cioè quello di verificare se e come le fasi più drammatiche della Grande Guerra, e più in generale della Storia, siano state registrate in quella gigantesca mole di documenti che sono gli archivi brevettuali. A titolo di esempio, ho provato a studiare le pubblicazioni brevettuali austriache, non solo per motivi personali (la parte materna del mio albero genealogico si sviluppa in territorio trentino, fino al 1918 parte dell’Impero austro-ungarico) ma anche perché l’Austria, insieme alla Germania, è uno degli stati che ha subito i più radicali sconvolgimenti nell’ultimo secolo. A questo proposito devo chiarire sin d’ora che di seguito mi concederò una notevole semplificazione, facendo uso dei termini Austria e austriaco in modo uniforme, sebbene essi vadano riferiti, a seconda del periodo considerato, ad entità statali, territoriali ed amministrative anche molto diverse tra loro.
Per meglio apprezzare gli avvenimenti guardiamo, nel limite di quanto ci è possibile, alla storia di quello che oggi è chiamato Österreichisches Patentamt. La fine del XIX secolo vide un gran fermento nella realtà industriale, soprattutto europea, e di conseguenza le istanze della borghesia portarono a grandi novità in fatto di tutela della proprietà industriale. Proprio a Vienna, dal 4 all’8 agosto 1873, nell’ambito dell’Esposizione Universale, ebbe luogo un Congresso internazionale sui brevetti per discutere di una tutela sovranazionale. Il timore sempre più diffuso era infatti che, in assenza di una legge internazionale, le invenzioni potessero essere impunemente contraffatte all’estero. Successivamente, nel 1884 entrò in vigore la Convenzione di Parigi che, benché firmata da soli 11 stati (Belgio, Brasile, Francia, Guatemala, Italia, Paesi Bassi, Portogallo, El Salvador, Serbia, Spagna e Svizzera) pose le basi di quella cooperazione internazionale che si rendeva sempre più necessaria. In questo contesto internazionale, l’11 gennaio 1897 entrò in vigore la nuova legge brevetti in Austria, e il 1° gennaio 1899 iniziò la sua attività l’Ufficio Brevetti Austriaco. Il 10 luglio di quell’anno venne pubblicato il primo brevetto, che oggi è reso reperibile con il numero di pubblicazione AT 1. Tale documento, relativo a regolatori di luci ad arco, rappresenta benissimo la transizione che il neonato Ufficio si trovò a dover gestire. Il brevetto (chiamato sul frontespizio Patentschrift, esattamente come oggi) derivò in realtà dalla conversione di un precedente diritto (detto Privilegium) registrato il 16 giugno 1894. Per questo motivo, curiosamente, la pubblicazione del 10 luglio 1899 riporta chiaramente che il periodo di validità del brevetto iniziò ben prima: il 24 settembre 1894. Sui brevetti austriaci di questo periodo è riportato lo stemma imperiale con l’aquila bicipite, incorniciato dalla dicitura KAIS. KÖNIGL. PATENTAMT.
Agli esordi del nuovo secolo la realtà industriale austriaca fu estremamente vivace ed altrettanto vivace fu l’attività dell’Ufficio Brevetti che pubblicò migliaia di brevetti all’anno. Finalmente, nel 1908 anche l’Impero aderì alla Convenzione di Parigi divenendo così la sesta entità statale, dopo Svezia (che all’epoca includeva anche la Norvegia), Stati Uniti d’America, Germania, Messico e Cuba ad unirsi agli 11 stati fondatori.
Possiamo immaginare che l’attività dell’Ufficio Brevetti proseguì in modo regolare, anche dopo il 28 luglio 1914, quando iniziò quella che sembrava una piccola guerra di carattere regionale contro la Serbia. Allora tutti erano certi di concludere le ostilità entro Natale. Come sappiamo non andò affatto così. Quel conflitto si estese con un terribile (e non del tutto imprevedibile) effetto a catena, finendo per coinvolgere quasi tutto il mondo. In quella tragedia trovarono la morte, innanzitutto, decine di milioni di persone. Ma non solo. Tra le realtà che finirono miseramente vi fu anche lo stesso Impero asburgico, una realtà che era considerata sostanzialmente immortale. Considerando infatti l’Impero austro-ungarico come erede diretto del Sacro Romano Impero, la sua esistenza si protraeva ormai da più di nove secoli e veniva percepita come eterna. Così non fu. A novembre del 1918, l’Austria-Ungheria versava ormai in condizioni disperate, con l’esercito allo sbando e larga parte della popolazione letteralmente stremata dalla fame. La guerra fu persa e l’Impero finì. L’11 novembre, con la firma dell’armistizio di Compiègne, viene convenzionalmente fissata la fine della guerra. Quello stesso giorno fu presentato all’imperatore Carlo I un decreto di abdicazione che lui si rifiutò di firmare. Per quanto riguarda la nostra piccola storia, mentre fuori il mondo crollava, l’Ufficio pubblicò ancora 82 brevetti! Non saprei bene come spiegarmelo, mi piace pensare ad una commuovente dedizione dei funzionari asburgici alla propria funzione. Forse invece era semplice incoscienza, non lo sapremo mai. In ogni caso il 12 novembre, senza aspettare che l’imperatore si decidesse ad abdicare, fu proclamata la Repubblica dell’Austria tedesca (Deutschösterreich). L’ultimo brevetto stampato l’11 novembre 1918 fu AT 74960, dopo il quale le pubblicazioni furono sospese fino al 25 novembre. Alla ripresa delle pubblicazioni, la numerazione ripartì là dove era stata interrotta: AT 74961. Per quasi tre mesi i brevetti austriaci recarono ancora sul frontespizio la dicitura KAIS. KÖNIGL. PATENTAMT e lo stemma con l’aquila bicipite. In effetti il governo imperiale, che aveva istituito e gestito l’Ufficio dalla fondazione, continuava ad esistere, benché privato di qualsiasi potere. La transizione nella gestione dell’Ufficio fu più veloce di quella del governo nel suo complesso. Il 10 febbraio 1919 fu pubblicato AT 75500, l’ultimo brevetto con la dicitura KAIS. KÖNIGL. PATENTAMT. Dopo una breve sospensione, le pubblicazioni vennero riprese il 25 febbraio 1919 quando fu stampato AT 75501 recante la dicitura Deutschoesterreichisches Patentamt. Carlo I lasciò Vienna solo un mese dopo (24 marzo) per accomodarsi in Svizzera ed essere poi formalmente deposto dal governo repubblicano il successivo 3 aprile.
A questo punto della Storia, la prima guerra mondiale è ormai definitivamente finita e con essa l’Impero e il suo KAIS. KÖNIGL. PATENTAMT. Tuttavia, siccome l’appetito vien mangiando, la mia curiosità non è ancora del tutto soddisfatta e mi sento di dover continuare a ripercorrere le vicende dei brevetti austriaci, anche attraverso tutti i successivi sconvolgimenti che continuarono ad imperversare dalle parti di Vienna.
Con il Trattato di Saint-Germain del 10 settembre 1919, le potenze vincitrici ridisegnarono la geografia degli ex-territori della corona asburgica. In questa occasione la Repubblica dell’Austria tedesca (Deutschösterreich) venne ridefinita semplicemente Austria (Österreich). Anche questo ulteriore cambiamento venne registrato, più o meno prontamente, nelle pubblicazioni brevettuali. L’ultimo brevetto a recare sul frontespizio la dicitura Deutschoesterreichisches Patentamt fu AT 79140, del 10 novembre 1919. Il brevetto immediatamente successivo, AT 79141, fu pubblicato il 25 novembre 1919 con la nuova dicitura Österreichisches Patentamt.
Per quasi vent’anni, l’attività dell’Ufficio Brevetti austriaco proseguì in modo più o meno regolare, benché un’altra immane tragedia si stesse preparando. Fino al 10 marzo 1938 compreso, l’attività dell’Ufficio proseguì in modo regolare, portando alla pubblicazione di AT 152850. Il giorno successivo, 11 marzo, ci fu l’Anschluss, l’annessione dell’Austria da parte della Germania nazista. Ancora una volta le pubblicazioni brevettuali furono sospese, per riprendere il 25 marzo con la stampa di AT 152851. La dicitura riportata sul frontespizio è ancora la stessa, Österreichisches Patentamt, ma l’aquila bicipite della repubblica austriaca appare cancellata a mano. Tutte le pubblicazioni del 25 marzo 1938, che terminano con AT 153000, riportano questo segno inquietante, in attesa di un frontespizio tutto nuovo. Dalla pubblicazione di AT 153001 (11 aprile 1938) la dicitura ÖSTERREICHISCHES PATENTAMT fu accompagnata dall’aquila nazista ad ali spiegate, con tanto di croce uncinata. Questo frontespizio rimase fino al 25 giugno 1938 quando venne pubblicato AT153700. Dal brevetto successivo AT 153701 (11 luglio 1938) comparve la dicitura DEUTSCHES REICH REICHSPATENTAMT, ZWEIGSTELLE ÖSTERREICH, dicitura che può essere resa con UFFICIO BREVETTI DEL REICH TEDESCO, FILIALE DELL’AUSTRIA. Da questo momento in poi le pubblicazioni proseguirono così, con questo chiaro e triste riferimento al reich, mentre l’Austria si inoltrava sempre più verso la seconda guerra mondiale. In questo caso però non fu necessario attendere la fine della guerra per terminare le pubblicazioni. Forse i funzionari dell’Ufficio a gestione nazista erano meno dediti al loro lavoro di quanto lo fossero i loro colleghi durante la gestione asburgica. Fatto sta che già il 31 marzo 1944, dopo AT 160920, le pubblicazioni vennero sospese. Anche questa volta la guerra fu persa, anche questa volta l’Austria ne uscì distrutta. Però, a differenza di quando avvenne nel 1918, le potenze vincitrici del 1945 non lasciarono immediatamente che l’Austria si riorganizzasse in modo autonomo. Al contrario, ne mantennero l’occupazione fino a quando, con il Trattato di Stato austriaco del 15 maggio 1955, la Seconda Repubblica Austriaca prese a camminare con le proprie gambe. In tutto ciò non ci è dato sapere con precisione cosa possa essere successo all’Ufficio Brevetti, ma di fatto le pubblicazioni furono interrotte per quasi 5 anni. Dopo l’ultimo brevetto del 31 marzo 1944, il primo brevetto reperibile sulle banche dati on-line è addirittura del 10 gennaio 1949. Può senz’altro essere che il funzionamento dell’Ufficio Brevetti non occupasse un posto di rilievo nella scaletta delle priorità post-belliche e che pertanto il suo funzionamento rimase semplicemente congelato. Tuttavia può anche essere successo qualcosa di diverso. In questo caso, a differenza di tutte le interruzioni viste in precedenza, la numerazione dei brevetti risulta discontinua: dopo AT 160920 del 1944 si passa direttamente a AT 162001 del 1949, saltando più di mille numeri di pubblicazione. Forse quei mille brevetti oggi mancanti sono realmente esistiti ma se ne è persa ogni traccia? Forse nella distruzione generalizzata che si ebbe con l’Offensiva di Vienna (2-13 aprile 1945) rimasero coinvolte anche le strutture dell’Ufficio Brevetti? Al momento non ci è dato sapere. Quello che sappiamo è che da quel 10 gennaio 1949 le pubblicazioni hanno ripreso la pacifica dicitura ÖSTERREICHISCHES PATENTAMT che mantengono ancora oggi.
Se mai qualche lettore fosse riuscito a seguirmi sin qui, gli sarebbe certamente apparso come l’interesse di questo percorso sia piuttosto limitato dal punto di vista prettamente brevettuale. Ciò che credo sia importante notare è invece quante informazioni possano essere estratte da queste enormi miniere che sono gli archivi brevettuali. Essi coprono lunghi periodi di storia, sono consultabili in rete, anche in modo gratuito, e sono generalmente molto completi. Se è stato possibile reperire e verificare le informazioni storiche considerate sopra, ci si può immaginare quanto più facile ed efficiente possa essere raccogliere informazioni di tipo più specificamente brevettuale e/o tecnologico, dal momento che tali archivi sono pensati e gestiti appositamente per questo preciso scopo.
© BUGNION S.p.A. – Gennaio 2019