Articolo pubblicato in Bugnion News n.45 (Settembre 2020) – Ascolta la versione Audio
Il 10 settembre scorso si è svolta, in videoconferenza, una riunione del comitato preparatorio (PrepComm) del Tribunale Unificato dei Brevetti (TUB), per discutere degli effetti che l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea avrà sul TUB stesso. Uno dei temi all’ordine del giorno era quello dell’attribuzione della sede centrale del Tribunale che in origine era stata attribuita a Londra.
Il tema è piuttosto complesso e per provare a capirne qualcosa di più, proviamo a ricapitolarne brevemente la storia.
L’esigenza di stabilire un Tribunale Unificato dei Brevetti (TUB) nasce a seguito dell’accordo raggiunto in seno all’Unione Europea sull’istituzione di un Brevetto Europeo con effetto unitario, detto in breve Brevetto Unitario. Chi ha avuto a che fare, a vario titolo, con l’attuale brevetto europeo, sa che esso non è affatto un titolo unico che conferisce diritti in tutta Europa. Il brevetto europeo attuale prevede solo una procedura centralizzata che, dal deposito della domanda, porta fino alla concessione del brevetto, il quale però deve poi essere convalidato nei singoli stati d’interesse. A parte alcune procedure che restano centralizzate (in particolare l’opposizione), a seguito della concessione nasce dunque un fascio di brevetti nazionali, le cui sorti rimangono definitivamente separate. In altre parole, sia le questioni di contraffazione sia quelle di validità, passano alla competenza dei singoli stati, ciascuno dei quali le gestisce in accordo con il proprio ordinamento e la propria tradizione giurisprudenziale.
Appare evidente dunque che, soprattutto agli occhi delle grandi multinazionali, il sistema brevettuale europeo appare eccessivamente complicato e costoso, soprattutto se paragonato ad altri sistemi che regolano mercati di dimensioni simili o anche maggiori, come quello statunitense, cinese e indiano.
Il sistema del brevetto unitario dovrebbe soddisfare questa esigenza e, tralasciando momentaneamente i problemi che sino ad ora ne hanno impedito l’effettivo varo, richiede evidentemente l’istituzione di un tribunale unificato, sovranazionale, che acquisisca la competenza sui brevetti unitari una volta che essi inizieranno a circolare.
L’Accordo che istituisce il TUB è stato siglato nel 2013 e prevede, tra le altre cose, la collocazione delle varie sedi. La sede principale è stata destinata a Parigi, altre due sedi centrali sono state affidate rispettivamente a Monaco di Baviera e a Londra mentre la Corte d’Appello è stata destinata a Lussemburgo. Sono state previste poi molte sedi locali o regionali, una delle quali a Milano.
La divisione delle competenze tra le sedi centrali è stata decisa in base alla classificazione dei brevetti, cosicché Parigi ha la competenza per le invenzioni di tipo elettronico, Monaco per quelle meccaniche mentre a Londra avrebbero dovuto essere affidate le invenzioni di carattere chimico-farmaceutico.
Tutto ciò naturalmente è stato ampiamente messo in discussione già a partire dal referendum sulla permanenza del Regno Unito nell’Unione europea del 23 giugno 2016, il cui esito, lo ricordiamo tutti, è stata la famosa Brexit. Poiché l’intero sistema del Brevetto Unitario è un’emanazione dell’Unione Europea, è parso immediatamente chiaro che la terza sede del TUB non avrebbe più potuto rimanere a Londra, sebbene non siano mancati tentativi piuttosto acrobatici di interpretare l’intero quadro giuridico in senso contrario. Tentativi questi che appaiono quantomeno giustificati alla luce del fatto che già allora il Financial Times aveva stimato in 200 milioni di euro annui l’intero giro d’affari legato direttamente o indirettamente alla sede del TUB.
Già il 7 luglio 2016, pochi giorni dopo il famoso referendum sulla Brexit, il consiglio dell’Ordine dei consulenti in proprietà industriale ha deliberato di appoggiare la candidatura di Milano e il successivo 28 luglio si è mosso di conseguenza, scrivendo a tutte le istituzioni coinvolte: alla presidenza del consiglio dei ministri, ai ministri direttamente interessati (Giustizia, Affari Esteri, Sviluppo economico…), al presidente della regione Lombardia, al Sindaco di Milano. Questa azione di lobbying nei confronti del governo italiano è stata piuttosto decisa, tanto che il 27 settembre 2016 ne dava notizia lo stesso Financial Times tramite un articolo intitolato Milan challenges London for patent court nel quale venivano riportate le parole del presidente dell’Ordine Anna Maria Bardone.
L’entusiasmo del 2016, forse solo apparente, per la candidatura di Milano non era campato per aria. Infatti, la logica con la quale erano state a suo tempo identificate le sedi del TUB era basata sul numero di brevetti europei originati da ciascuno stato, con riferimento all’anno 2012. Non stupisce che in quell’anno Germania, Regno Unito e Francia occupassero i primi tre posti di questa particolare classifica e si aggiudicassero dunque le tre sedi centrali. Il quarto paese all’epoca era proprio l’Italia che quindi avrebbe dovuto subentrare al Regno Unito in modo piuttosto naturale. A onor del vero però, al momento della firma dell’Accordo che prevedeva tutto ciò, l’Italia non ne era parte poiché ha aderito al sistema solo nel 2015. Quindi, ragionando nei termini dell’accordo del 2013, il Regno Unito avrebbe forse dovuto lasciare il posto ai Paesi Bassi, prospettiva questa particolarmente spiacevole per noi, soprattutto a seguito di quanto accaduto il 20 Novembre 2017 quando Amsterdam ha soffiato a Milano l’attribuzione della sede dell’Agenzia Europea del Farmaco (EMA).
In ogni caso, dopo il trambusto iniziale, la questione della candidatura di Milano a sede del TUB sembrava essere scomparsa dai tavoli e dalle agende istituzionali, almeno fino al 9 aprile 2019 quando la Camera dei Deputati è stata chiamata a votare una mozione che in origine doveva sostenere la candidatura di Milano a sede del TUB ma dalla quale, all’ultimo minuto, l’allora governo giallo-verde aveva rimosso il nome di Milano, lasciando una candidatura generica all’Italia.
Numeri alla mano, quella di Milano è sempre stata la candidatura più naturale e quindi più forte per il TUB, ma da quel momento in poi è apparso chiaro che non tutte le forze politiche italiane la pensavano così. Accanto a Milano, è comparsa a sorpresa Torino, forse per uno strano tentativo di compensazione per quanto accaduto con le Olimpiadi invernali del 2026, assegnate proprio nel 2019 a Milano e Cortina a seguito di uno strappo con Torino.
In ogni caso questa questione non sembrava appassionare più di tanto la politica italiana, mentre all’estero continuava un intenso lavorìo. Il 10 giugno 2020 il Ministro della Giustizia tedesco ha proposto candidamente che le competenze di Londra venissero ripartite tra le altre due sedi centrali di Parigi e Monaco. Benché questa soluzione non sembri in linea con le regole dell’Accordo è risultata da subito un’ipotesi piuttosto plausibile.
Finalmente, il 20 luglio 2020, è accaduto ciò che tutti si aspettavano ma che, evidentemente, non poteva essere dato del tutto per scontato: il Regno Unito ha depositato l’atto con cui dichiarava di ritirarsi dal TUB. Da quel momento in poi tutte le teorie e le ipotesi sull’attribuzione della terza sede del TUB hanno assunto tutt’altro rilievo.
Tuttavia sul fronte interno è continuato un assordante silenzio, tant’è che l’Ordine dei Consulenti in proprietà industriale, per continuare l’operazione già iniziata a suo tempo, ha deciso di affidarsi ad una agenzia specializzata nel mantenere i rapporti con le istituzioni. Solo nella serata del 3 settembre il governo ha ufficializzato la candidatura di Milano a ospitare la sede vacante del TUB, attribuendo contestualmente a Torino l’Istituto Italiano per l’Intelligenza artificiale. È stato così confermato, sebbene indirettamente, che la candidatura di Milano ha dovuto sottostare a logiche pericolose che mescolano grandi e piccoli interessi, questioni locali e questioni internazionali.
In ogni caso, a seguito di questo primo passo ufficiale delle istituzioni italiane, il 5 settembre 2020 l’ANSA riportava notizie ottimistiche, secondo cui fonti di Bruxelles vicine al dossier ritenevano che la candidatura di Milano fosse piuttosto forte.
Purtroppo, l’esito della riunione del 10 settembre non è del tutto chiaro. Il sito del TUB accenna solo vagamente a questa discussione, limitandosi a dichiarare che sono stati fatti dei buoni progressi e che il comitato confida che una soluzione pragmatica e legalmente solida sarà trovata a breve. A quanto pare, gli stati membri hanno concordato nel conferire temporaneamente a Parigi e Monaco le competenze di Londra. Questa soluzione dovrebbe consentire al TUB di essere operativo a breve, qualora il sistema del Brevetto Unitario dovesse essere effettivamente varato. Nel frattempo gli stati dovrebbero avere il tempo di modificare l’Accordo per cancellare il nome di Londra e sostituirlo con un altro. Al momento però non è ben chiaro quale. Milano c’è senz’altro, ma sembra che anche Amsterdam sia ancora della partita mentre, contrariamente a quanto ventilato inizialmente, non vi sarebbero tracce di città spagnole.
A dire la verità non è nemmeno chiaro se vi saranno altre occasioni in cui possano essere avanzate altre candidature, mentre molti paventano che l’attribuzione a Parigi e Monaco da temporanea possa diventare definitiva, magari anche solo de facto, soprattutto qualora il funzionamento del TUB a due sedi dovesse risultare fluido ed efficiente. Staremo a vedere, sperando che Milano riesca a spuntarla e sostenendo tutte le iniziative per il sostegno della sua candidatura.
© BUGNION S.p.A. – Settembre 2020