Articolo pubblicato in Bugnion News n.37 (Dicembre 2019)

Philipp Plein, noto stilista di moda, specializzato in sneakers particolarmente appariscenti, nel mese di luglio ha usato sui social media un’auto Ferrari come sfondo per le sue nuove creazioni. La Ferrari non ha gradito.

La querelle si è trasformata da ‘semplice’ polemica tra due lussuosi brand con posizionamenti molto precisi, in una questione particolarmente complessa perché veicolata attraverso l’utilizzo dei social media. Plein infatti, ha pubblicato una serie di post su Instagram utilizzando la sua Ferrari verde come sfondo per video e foto dedicate alle nuove sneakers Moneybeast dal valore di 5.000 euro al paio.

La Ferrari ha immediatamente diffidato il creativo dall’utilizzo del suo logo e dei suoi prodotti specificando che, nelle immagini su Instagram, i loghi Ferrari sono usati a scopo promozionale per dare visibilità e prestigio ai prodotti di Philipp Plein, in modo tale quindi da appropriarsi della popolarità del marchio di Maranello.

Ferrari aggiunge che nei post, modelle in bikini lavano le auto dello stilista, con i diversi modelli di scarpe in bella vista. La Ferrari scrive: “I simboli della Ferrari nelle immagini sono associate a uno stile di vita assolutamente non conforme a come il marchio è percepito dal pubblico, con performer che si esibiscono in gesti sessualmente espliciti, usando l’auto come un accessorio in un modo che è di per sé di cattivo gusto.

Questo atteggiamento danneggia il buon nome della Ferrari, e provoca anche danni materiali. Infatti la non richiesta associazione tra il brand Ferrari e le scarpe di Phillipp Plein (nonché il discutibile modo in cui queste vengono promosse) interferisce con i diritti della Ferrari e con le sue licenze, le uniche linee autorizzate a utilizzarne loghi e nome”.

Guardando la risposta dello stilista alla lettera degli avvocati di Ferrari, la questione è tutt’altro che chiusa: “Qui si sta parlando del mio account personale (@philippplein), e non di quello del marchio (@philipppleinofficial). Ci sono le foto della mia famiglia, di casa mia, della mia fidanzata e dei miei amici. E io mi vedo arrivare una lettera in cui mi viene detto che la mia vita è così di cattivo gusto che un marchio non vuole avere nulla a che fare con me, nonostante Leclerc, il loro pilota, indossi regolarmente i miei pezzi e io sia da tempo un loro cliente”. Secondo lo stilista “La cosa bella dei social è che danno a tutti una voce: non dovrebbero essere i marchi a scegliere come essere rappresentati, ne va della libertà d’espressione di ognuno”.

Plein sostiene che quello utilizzato è il suo account personale, anche se i suoi follower sono il triplo di quelli del suo brand (1.800mila contro 612mila), dunque i confini tra pubblico e privato sono decisamente sfumati, e se da una parte è oggettivo che lui può fare ciò che vuole con la sua auto, i legali della Ferrari sostengono che la legge punisca l’uso non-autorizzato di loghi e simboli famosi in un contesto promozionale. A loro dire l’uso senza giusto motivo di un marchio notorio creerebbe un indebito vantaggio derivante dal carattere distintivo o dalla notorietà di tale marchio e potrebbe anche arrecare pregiudizio allo stesso.

Si tratterebbe di una maggiore tutela conferita ai marchi che godono di notorietà (es. Ferrari) che non ha niente a che fare con la loro funzione di indicatore di origine dei prodotti e/o servizi offerti.

Infatti, oltre ad indicare l’origine dei beni, un marchio può svolgere altre funzioni che meritano una tutela. Più in particolare, un marchio può offrire una garanzia che tutti i prodotti provenienti da una determinata impresa abbiano la stessa qualità (funzione di garanzia) oppure può servire da strumento pubblicitario, riflettendo il valore di avviamento e il prestigio acquisito sul mercato (funzione pubblicitaria).

Il successo commerciale dei marchi notori si basa sia sulla qualità del prodotto/servizio che sulla sua promozione, conferendo al titolare un particolare valore, o valore aggiunto (selling power).

Tale valore aggiunto è tutelato e si estende a tutti i casi in cui l’utilizzo del marchio da parte di un terzo rischi di produrre effetti pregiudizievoli per il marchio notorio, nel senso che ne sminuisca l’attrattività (pregiudizio arrecato al carattere distintivo) o ne svaluti l’immagine acquisita presso il pubblico (pregiudizio arrecato alla notorietà), oppure che provochi un’appropriazione indebita del suo potere di attrazione o uno sfruttamento della sua immagine e del suo prestigio (vantaggio indebitamente tratto dal carattere distintivo o dalla notorietà).

Più il carattere distintivo e la notorietà del marchio saranno rilevanti, più è facilmente ammessa l’esistenza di un pregiudizio.

Quanto agli usi non in funzione di marchio, ovvero agli usi “atipici”, del marchio rinomato altrui, la dottrina afferma che vi sarà contraffazione per violazione dell’art. 21.1 c.p.i. quando il terzo usi il marchio in funzione descrittiva ma anche in modo da valorizzare indebitamente il proprio prodotto ed in modo che, anche non essendo tuttavia confusorio, configuri un approfittamento dei pregi e del prestigio del marchio del concorrente.

Nel presente caso, quindi la Ferrari accusa lo stilista di appropriazione del selling power del segno notorio per aumentare le possibilità di successo presso i potenziali consumatori, facendo propri i caratteri attrattivi del segno e richiamando alla mente il messaggio di prestigio e esclusività (vantaggio indebitamente tratto dalla notorietà), ma anche di causare un danno alla sua notorietà, rilevando che l’utilizzo del segno rinomato in un contesto “incompatibile” con la sua immagine, svaluterebbe il prestigio del marchio modenese.

Ma si può davvero sostenere che l’utilizzo fatto da Philipp Plein della sua Ferrari, utilizzata come sfondo per mostrare e promuovere le sue scarpe sia un uso effettivamente contraffatorio? 

Non mancheremo di tenervi aggiornati sugli sviluppi di questa curiosa vicenda…se ce ne dovessero essere.

A tutto questo, si aggiunge che questo caso coinvolge ambiti della comunicazione digitale attraverso i social media, apre questioni relative alla differenza tra un account social personale (apparentemente usato a fini commerciali) e un account social aziendale, nonché alle nuove logiche commerciali e promozionali attraverso il mondo digitale.

 

© BUGNION S.p.A. – Dicembre 2019