Articolo pubblicato in Bugnion News n.57 (Aprile 2022)
Quella che narriamo, potrebbe essere la storia comune di un cantante che è stato accusato di plagio da un altro artista che lo trascina in tribunale. In realtà, la vicenda che ha coinvolto Ed Sheeran ci offre alcuni spunti di riflessione, ma procediamo per gradi.
La High Court di Londra ha ritenuto infondate le accuse di plagio mosse dal cantante Sami Chokri, interprete ed autore del brano “On Why” e dal coautore Ross O’Donoghue, nei confronti del noto cantautore britannico e della sua celeberrima canzone “Shape of You” (la prima canzone ad aver raggiunto 3 miliardi di streaming su Spotify, nonché il brano più trasmesso nella storia della piattaforma).
Chokri e O’Donoghue avrebbero accusato Ed Sheeran in modo informale, presumibilmente attraverso una diffida, cosa che solitamente implica la possibilità di risolvere la disputa rapidamente con un accordo economico.
Sorprendentemente però, Ed Sheeran e i coautori di “Shape of you” hanno deciso di giocare in contropiede, abbandonando la strada della vertenza stragiudiziale e rivolgendosi direttamente, nel 2018, alla High Court di Londra, affinché fosse accertata “senza se e senza ma” la mancata violazione del copyright lamentata da Chokri e O’Donoghue.
Questi ultimi, nel frattempo, avevano spinto la società incaricata di gestire le royalties del brano “Shape of You” a sospendere temporaneamente la loro corresponsione, chiedendo di essere aggiunti ai crediti della hit come co-autori. Condotta che, peraltro, è stata giudicata negativamente dalla High Court quale parte di una strategia volta ad indurre Ed Sheeran ed i suoi coautori a concludere un accordo transattivo.
L’autorità giudicante ha infatti ritenuto che Ed Sheeran non abbia “né deliberatamente né inconsciamente copiato” la canzone “On Why”, sebbene vi sia una certa somiglianza tra la frase di una battuta contenuta in “Shape of You” e la corrispondente di “Oh Why”. Infatti, si è precisato, tali somiglianze possono costituire soltanto un “punto di partenza” per un possibile plagio, ma prese singolarmente sono insufficienti per decretare l’illecito. Invero, il resto delle due melodie non può ritenersi affatto sovrapponibile.
Quella del cantautore britannico si è rivelata dunque una mossa tanto inaspettata quanto efficace, che potrebbe fungere da deterrente anche nei confronti di futuri litiganti.
Non possiamo infatti trascurare il fatto che il nostro orecchio è un organo atto a riconoscere un numero finito di toni, e spesso sono sufficienti poche note a rendere due brani approssimativamente “simili”.
Non ci dimentichiamo che su Spotify vengono caricati circa 40.000 nuovi brani al giorno, per un totale di 280.000 tracce a settimana e 50 milioni di tracce ogni 3 anni e mezzo (circa). Questo porta ad una saturazione dello “stato dell’arte musicale” non trascurabile, per cui seppur lievi differenze nelle opere melodiche potrebbero essere sufficienti a rendere due brani sostanzialmente diversi.
© BUGNION S.p.A. – Aprile 2022