Mentre l’Italia si divide discutendo dell’etica della cosiddetta carne sintetica, con il secco “NO” del ministro dell’agricoltura Francesco Lollobrigida alla sua produzione e commercializzazione nel nostro Paese, dall’Australia arriva la nuova frontiera della “scienza da tavola”: è nata “la prima polpetta di Mammut della storia”. Anch’essa “sintetica”, ovviamente, essendo i mammut estinti ormai da circa 10mila anni.
Una vera e propria “resurrezione”, se così si può dire, visto anche il periodo pasquale appena concluso, che ha portato uno degli animali preistorici più noti di sempre direttamente “dal ghiacciaio alla padella”.
All’aspetto più “curioso” di quest’invenzione, fa da contraltare una ricerca estremamente interessante in termini di Proprietà Intellettuale, che ripercorre molto da vicino quanto raccontato da Steven Spielberg e, prima di lui, da Michael Crichton nel romanzo pubblicato nel 1990: stiamo parlando ovviamente dell’intramontabile Jurassic Park.
Come nasce la polpetta di Mammut
La prima polpetta di Mammut è stata rivelata al grande pubblico negli scorsi giorni dalle sale del Nemo Science Museum di Amsterdam, come risultato di un esperimento scientifico che ha impegnato il reparto di ingegneria molecolare avanzata dell’azienda australiana di carne coltivata Vow, insieme a un team di esperti internazionali.
Proprio qui ritroviamo il parallelismo con la InGen di Jurassic Park, dato che la carne di mammut è stata realizzata attraverso una tecnologia innovativa, capace di estrarre una molecola di DNA del mammut lanoso e di riempire i pezzi mancanti del genoma con alcuni frammenti di DNA dell’elefante africano, diretto discendente del colosso estinto alla fine del Pleistocene.
Un procedimento molto simile a quello adottato dal personaggio di John Hammond in Jurassic Park dove, al DNA di dinosauro recuperato dalle zanzare fossilizzate nell’ambra, veniva aggiunto quello dei rettili moderni, per riportare in vita i giganti del Giurassico.
L’idea sarebbe stata concepita da Bas Korsten, Chief Creative Officer presso l’agenzia creativa globale Wunderman Thompson, e da un team internazionale di esperti e scienziati capitanato dal professor Ernst Wolvetang e dal dottor Giovanni Pietrogrande dell’Università del Queensland a Brisbane, in Australia: sarebbero stati loro a colmare le lacune mancanti nella sequenza del genoma del mammut per poi inserirlo in una cellula portatrice. La produzione vera e propria, invece, è un vanto della start up australiana di carne coltivata Vow.
L’obiettivo dell’esperimento
Secondo il New York Times, il 28-30% dei gas serra globali sarebbe generato dalla produzione alimentare. Se a questo dato aggiungiamo l’aumento della popolazione globale, ormai vicina ai 9 miliardi, ne risulta che, per fornire a tutti un piatto caldo da mangiare, nei prossimi 40 anni dovremo produrre tanto cibo quanto ne abbiamo prodotto negli ultimi 8.000 anni, come riporta il World Economic Forum.
“Se le pratiche attuali continuano, nel 2050 avremo bisogno di due pianeti per nutrire una popolazione di 10 miliardi di persone – si legge nel comunicato diffuso sul sito mammothmeatball.com -. Inoltre, la pressione per soddisfare la crescente domanda sta portando a condizioni di vita disumane per gli animali. Questo è inaccettabile ed è ora di cambiare”.
Perché proprio la carne di mammut?
Il mammut rappresenta un simbolo monumentale della perdita e dell’impatto che i drastici cambiamenti climatici hanno già avuto sul nostro Pianeta, e più che di un vero e proprio “piatto” si parla piuttosto di una provocazione: “Abbiamo creato questa polpetta perché il mammut è un gigantesco simbolo di perdita – chiarisce Tim Noakesmith, Founder di Vow -. Speriamo che la nostra polpetta faccia “risorgere” le conversazioni sulla carne e sul cambiamento climatico”. La polpetta infatti potrebbe non essere commestibile, in quanto non possiamo sapere se e quanto questa possa essere dannosa per noi, visto che il nostro sistema immunitario non è mai entrato in contatto con la proteina di carne di mammut. “L’obiettivo è far sì che miliardi di consumatori di carne passino dal consumo di proteine animali convenzionali al consumo di cose che possono essere prodotte in sistemi elettrificati – chiarisce il CEO di Vow George Peppou dalle pagine del Guardian – . Crediamo che il modo migliore per farlo sia re-inventare la carne. Cerchiamo cellule facili da coltivare, davvero sfiziose e nutrienti, quindi mescoliamo e abbiniamo quelle cellule per creare una carne davvero gustosa”.
La battaglia del brevetto foodtech
La creazione della polpetta di mammut, tuttavia, non sarebbe un unicum, anzi. La campagna mediatica promossa da Vow infatti ha scatenato la reazione sorpresa di un’altra azienda del settore foodtech, la belga Paleo. Quest’ultima ha dichiarato di aver già sviluppato, e con diversi mesi di anticipo rispetto all’australiana Vow la medesima proteina di mammut (qui la domanda di Brevetto PCT), dicendosi dunque pronta ad intraprendere una battaglia legale contro i colleghi australiani.
Il commento del CEO di Paleo
“Quando abbiamo appreso (dell’affermazione di Vow, ndr), siamo rimasti sorpresi – le parole di Hermes Sanctorum, CEO di Paleo -. Nove mesi fa abbiamo inviato un comunicato stampa per annunciare che abbiamo sviluppato la stessa identica proteina di mammut”.
Paleo ha presentato una domanda di Brevetto PCT per il suo “sostituto della carne, comprendente una proteina di mioglobina animale, preferibilmente di mammut, di maiale, di pecora o di mucca”. Nonostante questa sia ancora in fase internazionale, risulta pubblicata da luglio 2022: “Se un’altra azienda utilizza quella stessa tecnologia e afferma di essere la prima al mondo a realizzare questo tipo di carne, ritengo che ciò sia altamente immorale”, ha aggiunto Sanctorum.
Dall’altro lato, Vow ha risposto ribadendo che la tecnologia che ha permesso la creazione della polpetta di mammut non avrebbe nulla a che vedere con alcuna presunta invenzione di Paleo.
L’importanza di una corretta strategia di Proprietà Intellettuale
Di sicuro il campo del foodtech sta vivendo in questi mesi un’incredibile accelerazione, sia in termini di ricerca e sviluppo che in termini di produzione effettiva. Ecco perché è ancora più evidente l’importanza per le aziende e le startup del settore di capire in anticipo come, dove e quando tutelare e valorizzare le proprie intuizioni e i propri prodotti, impostando una lungimirante strategia di Proprietà Intellettuale.