Importanti novità sul fronte del diritto d’autore, con l’obiettivo di ristabilire maggiore equità in un mercato complesso come quello delle piattaforme digitali che utilizzano contenuti creativi, troppo a lungo lasciato a sé stesso. A stabilirlo è il decreto legislativo 177/2021.
L’intervento va a beneficio anche degli editori, in un’ottica di generale, crescente responsabilizzazione delle piattaforme, anche nel contrasto alle violazioni dei diritti d’autore, che passa anche da una collaborazione con la pubblica autorità.
Tra le varie novità, l’articolo 102 sexies chiarisce che, per poter concedere pubblico accesso ad opere protette dal diritto d’autore, le piattaforme di condivisione di contenuti online devono prima ottenere l’autorizzazione dai titolari dei diritti di PI, anche mediante la conclusione di accordi di licenza.
Troppo spesso, infatti, in passato gli autori non avevano ricevuto adeguata remunerazione, dato che l’utilizzo nel mondo digitale delle loro opere, o di parti delle stesse, non era stato sottoposto ad adeguato controllo (né regolamentazione).
A ciò si aggiunge l’articolo 102 septies, in cui si specifica che queste piattaforme, in assenza dell’autorizzazione dei titolari dei diritti, sono in ogni caso responsabili di eventuali violazioni d’autore, a meno che non siano in grado di dimostrare almeno di aver compiuto i massimi sforzi per ottenere un ok dall’autore; oltretutto, qualora il titolare dei diritti inviasse loro una segnalazione sufficientemente circostanziata per lamentare la violazione del proprio diritto, dovranno assicurarsi che tali opere vengano nascoste o rimosse.
Le novità proseguono anche sul fronte opposto: l’articolo 102 decies, infatti, prevede un onere di segnalazione “alleggerito” a carico dell’autore, cui basterà evidenziare al prestatore del servizio i motivi della propria richiesta di rimozione/blocco. A quel punto, la piattaforma non potrà più ignorare tale segnalazione e dovrà provvedere a disabilitare i contenuti contestati, sottoporre la richiesta dell’autore o dell’utente ad una verifica umana e, in ogni caso, predisporre dei meccanismi interni di reclamo celeri ed efficaci.
La decisione adottata dalla piattaforma potrà comunque essere contestata con ricorso presentato dinanzi all’autorità garante delle comunicazioni (Agcom), con modalità definite in un regolamento.
È questo un primo profilo di ingresso della pubblica autorità nella regolazione e ‘riduzione ad equità’ dei rapporti. Un ruolo che emerge anche in riferimento alla nuova articolo 43 bis della legge 633/1941: questa disposizione va a riparare un ulteriore squilibrio che aveva caratterizzato gli anni precedenti, durante i quali testate giornalistiche ed editori di ogni tipo non avevano ricevuto compensi da parte dei servizi di rassegna di notizie digitali come Google News.
La nuova norma prevede invece che agli editori della pubblicazione venga corrisposto un equo compenso, parametrato secondo le linee guida fissate dall’Agcom in un regolamento che tiene conto di: numero di consultazioni online dell’articolo; rilevanza degli editori; numero dei giornalisti impiegati dall’editore; costi sostenuti per gli investimenti tecnologici e infrastrutturali; benefici economici derivanti ad entrambe le parti, ecc.
Il nuovo diritto d’autore connesso, di cui l’editore è titolare per gli utilizzi digitali delle proprie opere, ha tuttavia una durata limitata a due annisuccessivi alla pubblicazione dell’opera di carattere giornalistico, calcolando il biennio dal 1 gennaio dell’anno successivo alla pubblicazione.
Dopo circa due decenni, dunque, finalmente si è giunti ad una ‘resa dei conti’ tra grandi piattaforme digitali e creativi (e titolari di diritti connessi), riconoscendo a questi ultimi un diritto ad un compenso quantomeno equo, dopo che per anni i guadagni erano stati quasi unicamente conseguiti dalle prime.