Articolo pubblicato in Bugnion News n.11 (Luglio 2015)
Nel precedente articolo intitolato “Tutela del software: se e quando”, abbiamo affrontato il falso mito secondo il quale le invenzioni software non sarebbero, in alcun caso, tutelabili tramite brevettazione.
Secondo una variante abbastanza comune di questo mito, mentre negli Stati Uniti i programmi per computer sarebbero brevettabili con estrema facilità, nella “vecchia” Europa ciò sarebbe impedito, neanche a dirlo, da regole miopi ed obsolete. Se alcuni decenni or sono questi pregiudizi potevano avere un fondo di verità, essi sono del tutto smentiti dalla realtà odierna.
In effetti, nel corso del tempo, la prassi europea, in particolare quella seguita dall’Ufficio Europeo dei Brevetti (EPO), si è notevolmente aperta alla concessione di brevetti aventi ad oggetto invenzioni software, mentre l’Ufficio Brevetti e Marchi Statunitense (USPTO), a seguito di una recente pronuncia dalla Corte Suprema, sembra avere assunto un atteggiamento più cauto, anche se non certo preclusivo nei confronti del rilascio di brevetti software.
In dettaglio, le decisioni della Commissione dei Ricorsi dell’EPO emesse negli ultimi 15 anni hanno assunto ormai un orientamento stabile e ciò ha indotto l’EPO a pubblicare un documento dal titolo “Patents for software? European law and practice”, col quale fa il punto sulle modalità di esame delle invenzioni software.
In questo documento, si spiega che il fatto che un procedimento tecnico sia attuato o gestito tramite un dispositivo hardware piuttosto che da un software, può dipendere da mere ragioni economiche o da fattori tecnologici contingenti. Pertanto, sarebbe illogico vietare la brevettazione di un’invenzione per il solo fatto che essa prevede l’uso di un programma per elaboratore.
Il documento descrive poi l’approccio adottato dagli esaminatori dell’EPO nel valutare la brevettabilità di un software. Tale approccio prevede, innanzitutto, di verificare se la soluzione per la quale si chiede la concessione del brevetto sia dotata di “carattere tecnico”. Per presentare un carattere tecnico, la soluzione in esame deve essere diretta a risolvere un particolare problema tecnico impiegando mezzi di natura tecnica.
Ad esempio, l’EPO ha riconosciuto come dotato di carattere tecnico un procedimento per crittare/decrittare (o “firmare”) le comunicazioni elettroniche, nonostante che esso fosse basato su una metodologia matematica, quindi su qualcosa di intrinsecamente non tecnico, e fosse attuato tramite un programma per computer. Infatti, tale procedimento è chiaramente diretto a migliorare le prestazioni delle comunicazioni elettroniche, ottenendo con ciò un effetto tecnico, ed utilizza inoltre mezzi di natura tecnica.
Accertato che la soluzione software esaminata possieda un carattere tecnico, allora si procede al suo esame in relazione alla presenza dei requisiti di chiarezza, novità ed attività inventiva, secondo criteri non dissimili da quelli adottati per qualunque altra invenzione.
Sull’altra sponda dell’oceano, una sentenza emessa dalla Corte Suprema nel 2014 (Alice Corporation Pty. Ltd. v. CLS Bank International) ha indotto l’USPTO a rendere più metodica la procedura di concessione dei brevetti software. In dettaglio, nel recepire tale sentenza, l’USPTO ha emesso un Memorandum , col quale fornisce ai propri esaminatori istruzioni su come valutare le invenzioni software. Nel Memorandum, viene formulato un test, articolato in due fasi, volto a stabilire se una soluzione software sia qualificabile come invenzione brevettabile.
Nella prima fase, l’esaminatore verifica se la soluzione che si vuole brevettare contempli una o più idee astratte, come ad esempio un concetto preso a sé stante, una relazione matematica oppure una pratica commerciale. Se non presenta alcuna idea astratta, la soluzione software deve essere esaminata allo stesso modo di tutte le altre possibili invenzioni, seguendo l’usuale prassi dell’USPTO.
Se invece è stata accertata la presenza di idee astratte, si passa alla seconda fase del test, nella quale si valuta se la soluzione abbia ad oggetto qualcosa che sia “significativamente di più” che una mera idea astratta. Ad esempio, un’invenzione che nell’applicazione di una formula matematica (o altra idea astratta) ad un particolare campo tecnico porti ad un miglioramento tecnologico, oppure un software che produca un miglioramento nel funzionamento del computer su cui è eseguito, sono da considerarsi “significativamente di più” che idee astratte implementate tramite un computer. Se l’esaminatore non riscontra la presenza di questo “qualcosa in più”, allora deve rigettare la soluzione, in quanto non brevettabile.
Pertanto, gli USA non vanno considerati un Far West in cui i brevetti software sono dispensati senza criterio.
In conclusione, in Europa e negli Stati Uniti è senza dubbio possibile tutelare brevettualmente le invenzioni software, purché queste siano effettivamente calate nel mondo della tecnica.
Si potrebbe affermare che, da un punto di vista pratico, stiamo assistendo ad una convergenza tra il sistema brevettuale americano e quello europeo, in tema di invenzioni software. Questo nonostante che, sotto il profilo normativo, Europa e Stati Uniti continuino a viaggiare su binari separati, seguendo le rispettive e peculiari tradizioni giuridiche.
© BUGNION S.p.A. – Luglio 2015