Autore: Andrea Delbarba

La contraffazione è un gigantesco cefalopode somigliante a una piovra, con tentacoli abbastanza grandi e lunghi da avvolgere diversi settori apparentemente lontani. L’ingegno umano spazia dalle vette dell’innovazione tecnologica alle profondità dell’arte e il confine tra creazione e imitazione diventa sempre più sfumato. “Se lo puoi realizzare, lo puoi contraffare” è una riflessione sulla doppia lama del progresso: per ogni capolavoro genuino, esiste un’ombra, un duplicato che sfida l’originalità. Una frase che cattura l’essenza di un’era in cui l’autenticità è tanto preziosa quanto vulnerabile, lo specchio di un mercato in cui ogni nuova invenzione scatena una corsa folle a chi lo copia meglio.

La contraffazione non è solo una questione economica, ma ha anche implicazioni ambientali profonde e spesso sottovalutate. I prodotti contraffatti sono realizzati senza osservare le normative ambientali, utilizzando materiali tossici e procedure di produzione dannose per l’ecosistema. Questo comporta gravi rischi sia nella fase di fabbricazione che in quella di smaltimento.

Infatti, le fabbriche clandestine che producono beni falsificati operano quasi sempre senza sistemi di gestione delle risorse e del controllo delle emissioni, comuni nelle aziende regolamentate. Nei settori della moda, dei cosmetici, dei farmaci e degli alimenti, vengono spesso impiegati materiali tossici, come coloranti chimici non certificati, plastica scadente e metalli pesanti. Questi elementi, oltre a rappresentare un rischio per i consumatori, creano scarti altamente inquinanti e difficili da smaltire.

Lo smaltimento dei prodotti contraffatti, se intercettati alla dogana o confiscati, rappresenta un ulteriore problema. Spesso, tali articoli finiscono in discariche non attrezzate o in inceneritori, con emissioni nocive nell’aria e nelle falde acquifere. Inoltre, molti di questi materiali sono difficilmente riciclabili, aumentando il volume complessivo dei rifiuti inquinanti. La mancanza di responsabilità ambientale nel ciclo di vita dei falsi fa sì che i prodotti originali, di norma progettati con una prospettiva di sostenibilità, vengano sostituiti da beni usa e getta dannosi.

Per affrontare questa emergenza, si sta considerando l’adozione di normative che impongano penalità alle aziende e ai Paesi coinvolti nel mercato della contraffazione, applicando il principio europeo del “chi inquina paga”. La creazione di un quadro normativo specifico potrebbe scoraggiare la produzione di beni contraffatti e, al contempo, incentivare le aziende a monitorare meglio le proprie filiere.

Infine, il ruolo del consumatore è cruciale: acquistare prodotti autentici contribuisce a mantenere standard di sicurezza e sostenibilità, mentre l’acquisto di contraffatti incentiva pratiche che minano sia il mercato che l’ambiente. Educare e sensibilizzare i consumatori sull’impatto ambientale dei prodotti contraffatti è essenziale per ridurre la domanda di beni falsi.

La lotta alla contraffazione richiede un approccio globale e integrato, che includa regolamentazioni più severe e una maggiore consapevolezza dell’impatto ecologico del fenomeno. Contrastare la contraffazione non significa solo difendere l’economia, ma anche proteggere l’ambiente, promuovendo un futuro più sostenibile.