Una nota canzone recitava “We are walking in a dolce vita…”. E, in effetti, la questione sembrerebbe molto dolce, perché tra pandori e uova di cioccolato il picco glicemico è assicurato.
E la questione è stata davvero melliflua per tanti, tantissimi, che hanno analizzato l’Affair Ferragni-Balocco nei minimi e più reconditi dettagli e che con un pizzico di bramosia hanno popolato testate giornalistiche di ogni categoria con la narrazione dello “scivolone” della nota influencer Chiara Ferragni.
È pur vero che questo scivolone ha avuto dei non trascurabili risvolti legali per la protagonista, con indubbie ripercussioni sulla sua immagine, nonché per le società titolari dei marchi dei prodotti dolciari sponsorizzati.
Ripercorriamo sinteticamente la vicenda che abbiamo già analizzato in questo precedente articolo, per chi si fosse perso qualche pezzo.
A Natale 2022, Balocco e Chiara Ferragni lanciano il “Pandoro Pink Christmas“, la cui vendita in edizione limitata era legata alla lodevole iniziativa di sostenere l’attività di ricerca dell’ospedale Regina Margherita di Torino. Tuttavia, l’AGCM (conosciuta anche come “Antitrust”) ha sanzionato le società legate a Chiara Ferragni (Fenice S.r.l. e TBS Crew S.r.l.) per più di 1 milione di euro e Balocco per 420 mila euro, definendo l’operazione una pratica commerciale scorretta che ha inciso sulla libertà di scelta dei consumatori, sfruttando la sensibilità di questi ultimi verso le iniziative benefiche e inducendoli a un acquisto che, in realtà, non aveva alcun impatto sull’importo destinato alla ricerca.
A corroborare le contestazioni dell’Antitrust, ovviamente, hanno contribuito altresì i post e le stories sui canali social dell’influencer in cui si lasciava intendere che comprando il “Pandoro Pink Christmas” si poteva contribuire alla donazione a cui lei stessa partecipava direttamente. Particolare non trascurabile, inoltre, il fatto di aver incassato oltre 1 milione di euro da tali vendite.
L’Autorità ha ritenuto inoltre che anche il prezzo del pandoro “griffato”, che è stato proposto in vendita al pubblico a un prezzo pari a circa due volte e mezzo il prezzo del Pandoro classico Balocco, abbia contribuito a indurre in errore i consumatori rafforzando la loro percezione di poter contribuire alla donazione acquistando il “Pandoro Pink Christmas”.
La stessa Antitrust aveva avviato poi un’istruttoria anche per le uova “griffate” Chiara Ferragni, anch’esse associate ad una iniziativa benefica a favore dell’impresa sociale “I Bambini delle Fate”, durante le festività pasquali del 2021 e del 2022. Dall’istruttoria era emerso che anche in questo caso, il compenso destinato all’iniziativa caritatevole era prestabilito a prescindere dall’effettivo importo derivante dalle vendite dei dolciumi.
Arrivati a questo punto, Chiara Ferragni e le società ad ella collegate sono riusciti a chiudere il conto con l’AGCM tramite il pagamento della multa comminata nel caso del Pandoro Balocco e, d’accordo con l’Antitrust, tramite il versamento di una donazione del valore di 1,3 milioni di Euro ai “Bambini delle Fate”, nonché l’impegno a separare in modo netto e permanente le attività con finalità commerciale (promozionale e vendita di prodotti/servizi) da quelle con finalità benefiche, così da eliminare ogni rischio di diffondere comunicazioni commerciali non corrette sull’eventuale contributo da destinare alla beneficenza tramite l’acquisto di prodotti o servizi sponsorizzati.
Ed i conti sono stati chiusi anche con il Codacons, che aveva annunciato l’intenzione di avviare un’azione legale collettiva per ottenere il rimborso per i consumatori. A dicembre 2024, infatti, Chiara Ferragni, il Codacons e l’Associazione Utenti dei Servizi Radiotelevisivi hanno raggiunto un accordo per porre fine a ogni reciproca contestazione e favorire un dialogo costruttivo su temi di interesse sociale. L’intesa ha previsto il versamento, da parte dell’influencer di una somma destinata al risarcimento dei consumatori rappresentati dalle due associazioni e un ulteriore importo per coprire le spese legali sostenute dalle stesse. Inoltre, Chiara Ferragni si è impegnata ad effettuare una donazione di 200.000 euro a favore di un ente scelto congiuntamente con il Codacons, con preferenza per progetti di supporto alle donne vittime di violenza. Tale accordo ha sancito indubbiamente la volontà di instaurare un clima di collaborazione e rispetto tra le parti.
Il sipario sembrava finalmente sceso sulla pièce teatrale che vedeva rappresentate tutte le ombre gettate sulla reputazione dell’influencer, fino ad allora intonsa nei suoi valori di trasparente benevolenza ed onestà.
In molti hanno avvertito l’avvio di un periodo di ripartenza, sotto molti punti di vista, per Chiara Ferragni: con la ricostruzione della sua immagine, il rilancio del suo brand, il suo ruolo di Ambassador per molti marchi ed iniziative di terzi.
Ma no, non è finita qua. La Procura di Milano ha disposto la citazione diretta a giudizio per Chiara Ferragni, il suo ex manager Fabio Damato, Alessandra Balocco, e Francesco Cannillo, rappresentante della Dolci Preziosi. Il processo inizierà il 23 settembre 2025, con l’accusa di truffa aggravata. L’inchiesta punta a stabilire eventuali responsabilità penali nella vicenda, valutando se la comunicazione commerciale possa aver integrato non solo una pratica scorretta, ma anche un vero e proprio reato.
Questa vicenda non fa che evidenziare, in modo esemplare, quanto sia cruciale una comunicazione commerciale corretta, trasparente ed eticamente ineccepibile, soprattutto quando ha ad oggetto iniziative legate alla beneficenza.
Ciò che emerge dal caso in esame è il duplice errore compiuto dall’influencer e dal suo team, responsabile della comunicazione: da una parte, esso è legato alla struttura dell’operazione commerciale e, dall’altro, alla formulazione stessa del messaggio pubblicitario, da cui è scaturita una percezione ingannevole per il consumatore di riferimento.
Comunque, sbagliando si impara e probabilmente la “Chiara Ferragni di oggi” ricorderebbe alla “se stessa di ieri” che: la comunicazione commerciale deve essere formulata in modo tale da evitare qualsiasi fraintendimento, anticipando qualsiasi potenziale interpretazione possa essere effettuata della stessa; far leva sulla beneficenza è una strategia di vendita efficace, ma occorre rispettare i principi di trasparenza e saper produrre evidenze in grado di dimostrare la veridicità delle correlate affermazioni e, infine, la brand image e la propria reputation sono asset molto fragili che, una volta compromessi, risultano molto difficili da recuperare.
Il suggerimento che ci sentiamo di dare è quello di rivolgersi preliminarmente ad esperti in materia di advertising, al fine di evitare spiacevoli conseguenze, anche dal punto di vista legale, che possano compromettere gli investimenti, spesso cospicui, destinati ad una positiva percezione della propria brand image tra il pubblico dei consumatori