Il 12 settembre 2018 rappresenta senza alcun dubbio una data fondamentale per il diritto d’autore. In tale data è stata infatti approvata dall’Europarlamento la proposta di riforma del copyright. Il Parlamento europeo, riunito in seduta plenaria, ha apportato alcune modifiche importanti all’ultima proposta della commissione affari giuridici, rivoluzionando il testo originario, emendandolo in profondità. La proposta che ora ha ricevuto l’approvazione non è comunque il testo finale perché questo verrà definito solo al termine dei negoziati tra Parlamento, Consiglio e Commissione UE che cominceranno nelle prossime settimane.
Perché si è sentita l’esigenza di una riforma UE del copyright?
L’esigenza di una riforma Europea in tema di copyright è nata dalla constatazione delle difficoltà che incontra oggi la tutela del diritto d’autore in particolare nel mondo digitale. Il diritto d’autore e i diritti connessi sono diritti di proprietà intellettuale esclusivi, che proteggono il lavoro dell’autore o del creatore (un libro, un film, un software, eccetera) e gli interessi di coloro, come gli editori o le televisioni, che contribuiscono a rendere le opere disponibili al pubblico.
La direttiva UE sul copyright in vigore fino ad oggi risale al 2001: come possiamo ben immaginare, la normativa tuttavia ha faticato ad adattarsi all’ambiente digitale. Di qui la decisione di procedere ad una riforma: la Commissione, dopo una serie di consultazioni, ha deciso che il quadro legislativo UE ha necessità di essere modernizzato e ha pertanto proposto un pacchetto di norme nel settembre 2016, tra le quali anche la direttiva sul diritto d’autore nel mercato unico digitale.
Cosa cambia con la riforma del copyright?
La riforma nasce con l’obiettivo ambizioso e comprensibile di proteggere il lavoro dell’autore o del creatore di un contenuto che finisce on line e gli interessi di coloro, come gli editori o le televisioni, che contribuiscono a rendere il suddetto contenuto (che può ad esempio essere un film, un articolo di giornale, ma anche un software) al pubblico.
Il confronto si è concentrato soprattutto su due articoli, l’11 e il 13, che secondo coloro che sono contrari al testo così come approvato, potrebbero avere conseguenze pericolose per la libera diffusione delle informazioni online. Il lavoro delle ultime settimane è stato orientato verso la discussione di centinaia di emendamenti, che avrebbero dovuto cambiare alcuni assunti della direttiva, ma che nei fatti non hanno portato a grandi stravolgimenti del testo.
Articolo 11 – Creazione di un nuovo diritto per gli editori.
La nuova direttiva sul copyright vuole provare a bilanciare diversamente il rapporto tra le piattaforme online (Google, Facebook e gli altri) e gli editori, che da tempo lamentano di subire uno sfruttamento dei loro contenuti da parte delle prime nei loro servizi e senza un adeguato compenso. In particolare, si è proposto di introdurre un nuovo diritto connesso, che consentirebbe agli editori di tutelare con il copyright anche le pubblicazioni giornalistiche. Sulla base di questo nuovo diritto, gli editori sarebbero in grado di concludere accordi di licenza con gli aggregatori di notizie – come ad esempio Google News, Google Feed etc – per vedersi accordata una “ricompensa”. Gli emendamenti hanno precisato che il principio riguarda le grandi piattaforme e non quindi i privati e l’uso non commerciale. Per esempio Wikipedia, essendo una piattaforma dedicata alla conoscenza condivisa, ne è esente.
Articolo 13 – Maggiore responsabilità delle piattaforme.
L’art. 13 della Direttiva è un altro articolo molto discusso e che continua a suscitare le maggiori preoccupazioni per la libera circolazione dei contenuti. Prevede che le piattaforme online esercitino una sorta di controllo su ciò che viene caricato dai loro utenti, in modo da escludere la pubblicazione di contenuti protetti dal diritto d’autore e sul quale gli utenti non detengono diritti. In pratica, chi custodisce e rende accessibili al pubblico “grandi quantità di opere caricate dagli utenti” dovrebbe adottare misure appropriate e proporzionate per assicurare il corretto funzionamento degli accordi stipulati con i titolari dei diritti, al fine di rilevare e rimuovere i contenuti protetti da copyright “uploadati” dagli utenti, e rimuoverli se è il caso.
Cosa succede adesso?
Precisiamo che il cammino della direttiva non è finito. Adesso il testo approvato sarà posto in discussione con il Consiglio dell’Unione, dal quale dialogo, a porte chiuse, uscirà un testo, tra quello del Parlamento e quello del Consiglio, che poi sarà votato in Parlamento in seduta plenaria, probabilmente a gennaio 2019. Dopo di che, essendo una direttiva, occorre che i vari Stati la recepiscano per diventare legge, potendo anche entro certi limiti modificarla. Un paese europeo potrebbe in teoria anche non recepirla, ma questo farebbe scattare procedure di infrazione nei confronti del paese.
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