New York, fine anni ’90, niente poteva rendere più appagata e felice Carrie Bradshaw dell’indossare un paio di scarpe MANOLO…
Il marchio “MANOLO BLAHNIK” – appartenente all’omonimo stilista di origine spagnola e creatore della casa di moda con sede a Londra – seppur noto a livello internazionale già dagli anni ’70, ha conosciuto l’apice del successo proprio attraverso la serie TV “Sex and the city”, in cui la protagonista Carrie nutriva nei confronti di queste calzature una passione smisurata.
Questo marchio torna oggi a far parlare di sé dopo una lunga controversia legale in Cina, durata ben 22 anni e conclusasi solo in questi giorni con una sentenza emessa dalla Suprema Corte Cinese, che ha stabilito che il marchio MANOLO BLAHNIK torni al suo legittimo titolare.
Per oltre due decadi, infatti, il Sig. BLAHNIK si è visto negare l’utilizzo del proprio marchio in Cina a causa della presenza di una registrazione anteriore sul segno “MANOLO & BLAHNIK” effettuata da Fang Yuzhou, uomo d’affari cinese. Tale registrazione risale al gennaio 1999 – proprio quando il marchio conosceva l’apice del successo grazie all’uscita della serie televisiva Sex and the City – e aveva portato la casa di moda MANOLO BLAHNIK, rea di non aver previsto fin da subito la tutela del proprio logo in Cina, ad essere privata della possibilità di utilizzare e commercializzare il proprio marchio sul territorio cinese.
Il pericolo trademark squatting: cos’è e come funziona
Come noto, la Cina è uno dei Paesi esteri per i quali vi è una elevata richiesta di tutela di diritti di Proprietà Industriale: sia per l’immenso mercato e le conseguenti potenzialità di espansione che può offrire, sia perché tale territorio è stato purtroppo teatro di numerosi episodi di contraffazione e controversie in materia di IP. In particolare, per quanto concerne i marchi d’impresa, si annoverano reiterati episodi di depositi in malafede posti in essere da parte di soggetti locali.
La Cina infatti adotta per la registrazione dei marchi d’impresa il sistema basato sul “first to file”, accordando un diritto di esclusiva a colui che per primo provvede al deposito del segno nel Paese. Circostanza che ha reso molte aziende straniere oggetto di trademark squatting: un fenomeno – diffuso non soltanto in Cina – che vede la registrazione “preventiva” a livello nazionale di un marchio, generalmente estero, da parte di terzi, al solo scopo di tentare di rivenderlo successivamente al legittimo interessato.
In osservanza del principio del first to file, quindi, la rivendicazione del diritto sul segno MANOLO & BLAHNIK da parte di Fang Yuzhou era stata ritenuta assolutamente valida dai Tribunali locali, in quanto l’uomo d’affari fu effettivamente il primo soggetto a registrare questo segno in Cina. Di conseguenza, il legittimo avente diritto (ovvero lo stilista Manolo Blahnik) si trovò impossibilitato a utilizzare il proprio marchio nel Paese asiatico. La stessa sorte è peraltro capitata ad altri noti brand internazionali, quali ad esempio New Balance, Michael Jordan ed Ermenegildo Zegna, trovatisi a fronteggiare usurpazioni dei propri marchi in Cina.
La registrazione di un marchio in Cina
Sin dal 2000 Manolo Blahnik ha intrapreso numerose azioni contro il cinese Fang Yuzhou per contestare la validità del marchio da lui depositato. Oggi finalmente, dopo un ventennio di battaglie legali, tali azioni si sono concluse con una decisione favorevole, che ha dichiarato la nullità del marchio “cinese” depositato in malafede e consentito alla maison inglese di intraprendere le proprie attività commerciali in Cina.
Tale sentenza, oltre a costituire un caso di successo per il titolare effettivo del marchio, si inserisce in un processo in cui la Cina sta compiendo passi importanti verso una modifica della propria legislazione nazionale a tutela dei marchi d’impresa e, seppur lentamente, sta armonizzando la propria normativa a quella dei principali Stati occidentali, prevedendo istituti in precedenza ignorati. Il percorso intrapreso in Cina è supportato anche dalle modifiche apportate alla legge marchi cinese nel 2019, volte a prevedere – tra le altre cose – l’inserimento di disposizioni dedicate a contrastare i diffusi fenomeni di depositi in malafede, oltre all’incremento dei risarcimenti danni derivanti dalla contraffazione.
Un percorso che, pertanto, gioca un ruolo fondamentale a favore di tutte le aziende estere che si affacciano verso la “Terra del Dragone”.