L’Intelligenza Artificiale è spesso protagonista delle prime pagine dei giornali, talvolta con notizie di carattere sociale o politico, come il blocco e il ripristino di ChatGPT oppure con notizie di costume, come la vittoria al Sony World Photografy di una fotografia generata da un sistema di IA.
Il precedente
La Proprietà Intellettuale non è immune dagli effetti dirompenti delle varie tecnologie che ricadono sotto l’ombrello del termine “Intelligenza Artificiale”. Inevitabilmente, la nostra newsletter si è occupata più volte del tema, da ultimo con l’articolo dello scorso febbraio, nel quale ci siamo concentrati sulla questione della tutela del diritto d’autore per le opere prodotte con l’Intelligenza Artificiale. Nelle ultime battute di quell’articolo, invocavamo un intervento legislativo nel breve periodo per riempire il divario che si è prodotto tra l’attuale disciplina autoriale, che è nata e si è evoluta prima dell’avvento dell’Intelligenza Artificiale, e le applicazioni concrete delle tecnologie informatiche di tipo generativo.
IA e Proprietà intellettuale: le ultime novità
Le nostre richieste hanno trovato un primo parziale riscontro da parte del Parlamento europeo che, durante la seduta dello scorso 27 aprile, ha votato una modifica all’“Artificial Intelligence Act” (AIA) che promette di eliminare o ridurre alcuni degli abusi dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale generativa nel campo delle opere creative.
Un documento che rappresenta una proposta di quadro regolatorio dell’Unione Europea, volto, da una parte, a scongiurare gli effetti negativi che l’intelligenza artificiale potrebbe avere sulla vita dei cittadini europei, dall’altra a sfruttarne il potenziale effetto benefico sulla crescita economica.
Artificial Intelligence Act (AIA): cos’è e a cosa serve
L’AIA si concentra soprattutto nel classificare le applicazioni dell’Intelligenza Artificiale in base al livello di rischio di violazione dei diritti fondamentali dei cittadini. In particolare, la proposta definisce alcune applicazioni come “pratiche proibite”, tra le quali si trovano alcuni impieghi di programmi di identificazione biometrica nell’ambito della sicurezza pubblica, oppure lo sviluppo di sistemi di valutazione sociale dei cittadini basati sull’accumulo o la perdita di “crediti”, come quello sperimentato da alcuni anni nella Repubblica Popolare Cinese, o ancora lo sfruttamento di tecniche subliminali per manipolare il comportamento delle persone.
Altre applicazioni sono invece definite “pratiche ad alto rischio” e sono consentite solo a patto che, chi le esegue, segua delle rigide prescrizioni in termini di trasparenza e gestione dei dati. Sono considerate ad alto rischio alcune applicazioni nell’ambito dell’educazione, della selezione del personale, dell’amministrazione della giustizia o del controllo dell’immigrazione.
Le nuove modifiche all’AIA: cosa cambia
Tra le integrazioni al testo votate in aprile dai parlamentari europei, ve ne sono alcune che fanno riferimento ai modelli di Intelligenza Artificiale generativa, ovvero ai sistemi di IA che si possono usare o adattare all’impiego di una ampia gamma di applicazioni per le quali non erano intenzionalmente e specificamente progettati, come nel caso del famoso chatbot di OpenAI.
Per questi modelli, si propone di rendere obbligatoria la divulgazione pubblica delle opere protette da diritto d’autore utilizzate per l’addestramento del software. Infatti, la qualità e l’appetibilità per il mercato per l’“output” fornito dai sistemi di AI dipendono dall’“input” conferito al programma in fase di addestramento. Se questa prescrizione dovesse entrare in vigore, potrebbe consentire ai legittimi detentori dei diritti sulle opere “macinate” dai programmi di Intelligenza Artificiale di ottenere un compenso per il contributo dato al loro successo commerciale.
Un campo di applicazione potenziale è quello della musica, dove si è diffusa la pratica della generazione di brani musicali tramite l’Intelligenza Artificiale, a partire dalla voce o dal lavoro creativo altrui. Ad esempio, grazie ai modelli generativi, si possono ascoltare artisti famosi come Eminem, Drake o Kanye West cantare e suonare brani sui quali nella realtà non si sono mai cimentati.
La proposta europea potrebbe risultare particolarmente utile in quei casi in cui, nei brani prodotti artificialmente, non fosse immediatamente riconoscibile la voce o comunque l’apporto creativo degli artisti in carne ed ossa che non hanno rilasciato preventivamente il consenso o non hanno ricevuto un adeguato compenso. L’iter di approvazione della proposta prevede ora la conferma del testo da parte del Parlamento europeo, prevista per metà giugno tramite voto in sessione plenaria, alla quale seguirà il cosiddetto “trilogo”, ovvero il negoziato informale tra Parlamento, Consiglio e Commissione.