Regali o carbone per le imprese che operano nell’Unione Europea?
Articolo pubblicato in Bugnion News n.14 (Gennaio 2016)
Come ampiamente anticipato dal lungo dibattito accesosi sul tema, il pacchetto di riforma del sistema dei marchi dell’Unione Europea è diventato legge con la pubblicazione nelle Gazzetta Ufficiale Ue del 23 e 24 dicembre. In particolare, il Regolamento (UE) 2015/2424, che entrerà in vigore il 23 marzo 2016, apporterà alcune significative modifiche – di forma e di sostanza – alla disciplina del marchio “comunitario”, il quale verrà ribattezzato “Marchio dell’Unione Europea”. Al contempo, la Direttiva (UE) 2015/2436, già in vigore dal 12 gennaio, porterà avanti il lungo processo di armonizzazione delle discipline nazionali, puntando verso regole sempre più condivise che permettano ai titolari di marchi nazionali di Paesi dell’Unione Europea di poter fare affidamento su principi, procedure e prassi comuni tra i diversi Uffici.
È inevitabile che, dopo decenni di gattopardismo e decine di aggiornamenti legislativi di esito “incerto”, il solo sentire la parola “riforma” provochi una forte nausea e una certa vertigine, generando quella sensazione che si prova quando si riceve un pugno nello stomaco. Tuttavia, in questo caso, il “pacchetto marchi” sembra presentarsi più come un’opportunità e meno come un oggetto contundente.
Certo, la fase di transizione di cui l’Avv. Balboni ha parlato qui potrebbe far “tremare le vene e i polsi” a qualche titolare di marchi comunitari depositati prima del giugno 2012, ma una volta conclusa, ci lascerà in dote un Registro sensibilmente più razionale, in cui l’ambito di tutela dei marchi registrati sarà più facilmente individuabile.
La medesima logica di razionalizzazione ha influito, forse, su un’altra importante modifica del Regolamento: il passaggio dal deposito fino a tre classi incluse al sistema “one class, one fee”. La conseguenza più immediata di questa modifica sarà che le tasse per il deposito di un marchio per tre o più classi aumenteranno; tale circostanza potrebbe stupire poiché, nel suo complesso, la riforma è orientata ad una riduzione delle tasse (in particolare di quelle di rinnovo).
È probabile, tuttavia, che il Legislatore Europeo abbia inteso, con questa modifica, disincentivare una certa tendenza ad ampliare l’ambito di tutela oltre i limiti di ciò che realmente è d’interesse per chi deposita, soltanto perché è “incluso nel prezzo”. Di fatto, l’unione di questa “tendenza” e della prassi (superata già prima della riforma) di considerare i marchi rivendicanti l’intestazione della classe, come estesi a tutti i prodotti rientranti in essa (anche se non espressamente menzionati), ha disseminato il Registro di migliaia di marchi che conferiscono una tutela molto più ampia di quella di reale interesse dei rispettivi titolari.
Va detto, la riforma non impedirà di registrare marchi che conferiscono una tutela così ampia, ma lo renderà leggermente più costoso e sensibilmente più complesso, inducendo i nuovi richiedenti a riflettere con più attenzione sui prodotti e servizi che vorranno rivendicare.
Ad una prima analisi, questa novità potrebbe far storcere il naso a qualcuno e apparire come “l’ennesimo balzello” sulle spalle degli imprenditori che, alla fine dei conti, si troveranno a dover pagare di più per qualcosa che prima pagavano meno. Tuttavia, riconsiderandola in una prospettiva di medio-lungo termine, si intuisce come essa renderà più facile la scelta di nuovi marchi.
Per effetto di tali modifiche, l’ambito medio di tutela dei marchi dell’Unione Europea tenderà, con il tempo, a restringersi verso i prodotti e servizi di concreto interesse di ciascun titolare, lasciando spazio libero ad altri richiedenti che potranno, così, registrare nuovi marchi per i prodotti e servizi non coperti da altre registrazioni. Al contempo, sarà molto più facile capire qual è il settore di reale interesse dei titolari dei marchi già registrati, prevenendo, già in fase di definizione dell’elenco dei prodotti e/o servizi, possibili future contestazioni.
Insomma, sarà un trattamento di lunga durata. Certo, nel primo periodo potrebbero esserci degli effetti collaterali indesiderati dovuti all’adattamento a questa nuova impostazione, ma sul lungo periodo si arriverà ad un sistema più logico, più trasparente, pro-concorrenziale e, tutto sommato, più giusto.
Ma la riforma non finisce certo qui!
Sono molteplici le novità introdotte; tra di esse, quella più immediata sarà il cambio di nome dell’Ufficio, il quale non sarà più chiamato UAMI (oscuro acronimo di “Ufficio per l’Armonizzazione nel Mercato Interno”), ma assumerà il nome di «Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale» (EUIPO), mentre il marchio comunitario verrà rinominato “marchio dell’Unione europea” (marchio UE).
A dispetto del nuovo nome, l’Ufficio non perderà la sua funzione di catalizzatore dell’armonizzazione delle discipline nazionali in materia di proprietà industriale; tale finalità è infatti oggetto di specifica menzione proprio nei Considerando del Regolamento 2015/2424: “parallelamente ai miglioramenti e alle modifiche del sistema del marchio UE, è opportuno armonizzare ulteriormente la normativa e le prassi nazionali in materia di marchio d’impresa e allinearle al sistema del marchio UE nella misura idonea per assicurare per quanto possibile parità di condizioni in materia di registrazione e di protezione dei marchi d’impresa in tutta l’Unione”. D’altro canto, molte delle novità confluite in questa riforma hanno visto la luce grazie ai piani di convergenza delle prassi promossi dall’UAMI.
La spinta verso l’Armonizzazione delle discipline nazionali trova, tuttavia, il suo spazio naturale proprio nella Direttiva (UE) 2015/2436. Per effetto di quest’ultima, nel corso dei prossimi sette anni, le normative nazionali dovranno adattarsi ed introdurre nuove procedure amministrative che permetteranno di superare le disparità esistenti tra i titolari di marchi di certi Paesi rispetto a quelli di altri. Ad esempio, l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi dovrà affrontare una piccola “riforma copernicana”; con l’introduzione di una procedura amministrativa per la decadenza o la dichiarazione di nullità dei marchi, non sarà più necessario ricorrere all’Autorità Giudiziaria (con i costi e i tempi che ciò implica) ma sarà “sufficiente” richiedere l’invalidazione del marchio avanti l’Ufficio stesso, come già avviene per i marchi dell’Unione Europea.
Altro elemento di forte rottura con il passato sarà il superamento dell’obbligo della riproducibilità grafica del marchio per ottenerne la registrazione. Tale principio, nato in un’era eminentemente “cartacea”, costituiva un elemento di certezza del diritto perché garantiva la piena conoscibilità dell’oggetto della registrazione attraverso la semplice consultazione del Registro. Tuttavia, con lo sviluppo della tecnologia e l’informatizzazione dell’intero processo di registrazione e conservazione dei dati sui marchi, tale principio era diventato un ostacolo alla registrazione dei “nuovi marchi”, ovvero quei nuovi strumenti di definizione dell’identità di brand quale la fragranza, il suono, la texture. Con la nuova disciplina, non sarà più necessario che il segno oggetto di registrazione sia rappresentabile graficamente, ma sarà sufficiente che esso sia correttamente rappresentato con l’utilizzo delle tecnologie comunemente disponibili, a patto che tale rappresentazione sia chiara, precisa, di per sé completa, facilmente accessibile, intellegibile, durevole ed oggettiva.
Come detto, il pacchetto di riforma predisposto dal Legislatore Comunitario è estremamente ampio e sono ancora molte le novità che verranno introdotte – ad esempio i “marchi di qualità”, oppure le disposizioni sui prodotti contraffatti in transito nell’Unione – ma avremo altre occasioni di parlare di queste novità nei prossimi numeri della nostra newsletter.
Per ora, possiamo considerare questa riforma come uno sviluppo positivo verso un sistema più corretto e trasparente; se tali finalità verranno effettivamente raggiunte o se ulteriori interventi correttivi si renderanno necessari, sarà solo il tempo a rivelarlo. Ad oggi i segnali sembrano buoni.
© BUGNION S.p.A. – Gennaio 2016