Articolo pubblicato in Bugnion News n.23 (Luglio 2017)

Il 16 giugno 2017, il celebre artista Emilio Isgrò ha ottenuto un provvedimento cautelare favorevole da parte del Tribunale di Milano. Con tale decreto è stata sospesa fino al 27 giugno 2017 la vendita del disco, sia in formato fisico che digitale, realizzato dall’ex leader dei Pink Floyd Roger Waters. La prossima udienza dibattimentale è stata rinviata al 19 luglio 2017. Nel frattempo, le parti potranno negoziare le condizioni per l’eventuale raggiungimento di un accordo transattivo.

Emilio Isgrò è noto per le sue opere conosciute al pubblico come “cancellature” che, a prima vista, potrebbero sembrare delle semplici pagine di testo nelle quali alcune parole sono censurate con un tratto di colore nero, mentre altre rimangono in evidenza.

Tramite questa modalità di espressione, Isgrò non si limita ad eliminare casualmente alcuni vocaboli, ma esprime una vera e propria “poesia visiva”. Infatti, tra i vocaboli che rimangono in evidenza si crea un’associazione attraverso cui l’artista vuole contestare i limiti dello stesso linguaggio. Si tratta dell’arte che da alcuni è stata definita “della sottrazione”. Di seguito, sono illustrate alcune opere dell’artista italiano.

Roger Waters, ha fondato il celeberrimo gruppo musicale Pink Floyd ed ha poi proseguito una carriera da solista a partire dalla metà degli anni ’80.

Di recente, è uscito il suo album, intitolato “Is This the Life We Really Want?”, prodotto da Columbia Records e distribuito in Italia da Sony Music di cui riportiamo qui di seguito le immagini apposte sulla copertina e sui testi contenuti nel libretto illustrativo interno.

Sebbene non sia ancora disponibile la documentazione contenente le argomentazioni dettagliate delle parti, quello che è certo è che il ricorso dell’artista siciliano è stato fondato sulla violazione dei propri diritti d’autore, compresi quelli patrimoniali.
In base alla Legge sul Diritto d’Autore (L. 22 aprile 1941, n.633) l’autore ha la piena disponibilità della sua opera d’ingegno, compresi i relativi diritti di utilizzazione economica (art. 12 L.d.A.; art. 2577 c.c.) e, quindi, anche l’esclusiva facoltà di riprodurla (art. 13 L.d.A.) e di percepire un compenso per ogni tipo di utilizzazione che venga fatto della stessa.
Ciò significa, per fare un esempio, che Leonardo Da Vinci (se non fossero trascorsi 70 anni dalla sua morte) potrebbe impedire la commercializzazione di magliette con sopra riportata l’immagine della Gioconda, se tale vendita avvenisse senza la sua autorizzazione.
Tuttavia, è di essenziale importanza comprendere se la parte ricorrente abbia lamentato un’interferenza dell’immagine contestata con una o più delle sue opere, oppure con il “motivo cancellature” quale fil rouge delle opere stesse.
Proseguendo con la lettura del presente articolo diverrà più chiaro il motivo della rilevanza di tale precisazione.
Maggiore certezza, invece, si ha, sulle eccezioni presentate dalla parte resistente, come si evince dagli articoli di stampa che al momento della stesura del presente scritto sono in circolazione.
In particolare, i legali di Sony Music hanno prodotto una memoria a sostegno della loro richiesta di revoca del provvedimento cautelare, allegando una relazione rilasciata dal noto critico e storico d’arte Vittorio Sgarbi, il quale ne ha anticipato il contenuto in un un’intervista rilasciata al quotidiano Repubblica (https://video.repubblica.it/spettacoli-e-cultura/musica-vittorio-sgarbi–cosi-ho-salvato-il-disco-di-roger-waters/279788/280381?video&ref=RHRD-BS-I0-C6-P2-S9.6-T1).

Durante l’intervista, egli contesta la fondatezza delle pretese avanzate da Emilio Isgrò, in quanto ciò di cui l’artista siciliano lamenterebbe il plagio non sarebbe un’opera d’arte, bensì la mera tecnica attraverso cui tale opera è rappresentata. Il critico d’arte, quindi, sebbene non disconosca l’importanza artistica di Emilio Isgrò e della formula per cui egli si è reso riconoscibile, si rifiuta di riconoscergli un diritto di esclusiva su detta formula.[1]
Per corroborare il suo assunto, Vittorio Sgarbi dichiara che lo stesso Giacomo Leopardi fosse solito redigere una brutta copia cartacea di quella che sarebbe stata la versione definitiva dei suoi manoscritti e che, in questa brutta copia, effettuasse delle cancellature delle parti ritenute scorrette. Ciò non legittimerebbe comunque Isgrò a citare in giudizio Leopardi o tanto meno, aggiunge ironicamente (?), una zebra o la squadra di calcio della Juventus.
In riferimento a quanto suesposto, tuttavia, occorre fare delle puntualizzazioni e riportare l’attenzione su quello che è il vero punto focale della vertenza.
I diritti di esclusiva su un’opera di ingegno non consentono al titolare di impedire a chiunque l’utilizzo di quell’opera creativa, ma soltanto a chi la sfrutti economicamente senza la sua autorizzazione.
A titolo esemplificativo, citiamo Jackson Pollock, artista statunitense divenuto celebre per la tecnica di action painting. Orbene, Pollock non potrebbe (né tanto meno i suoi eredi) impedire ad un terzo di far gocciolare l’inchiostro della propria penna su un quaderno o di lanciare del colore su una parete! L’artista, tuttavia, potrebbe impedire al terzo di commercializzare detto quaderno con l’opera “Number 32” di seguito illustrata.

Allo stesso modo, Andy Warhol (per riprendere l’esempio citato dal critico d’arte – v. nota 1) esponente illustre della pop art, non potrebbe vietare ad un terzo di riprodurre l’immagine di Marylin Monroe sulla propria maglietta, neanche se Marylin fosse rappresentata con la tecnica della serialità peculiare dell’artista. Ciò che non potrebbe fare liberamente, invece, è commercializzare detto quaderno o detta maglietta con l’opera “Marylin” (come rappresentata di seguito) in quanto i diritti di sfruttamento dell’opera spettano esclusivamente all’artista.

Adesso, occorre capire, piuttosto, se Pollock possa impedire al terzo di vendere un quaderno sulla cui copertina è raffigurato un cavallo realizzato con la tecnica del gocciolamento o se Warhol possa opporsi alla vendita da parte di un terzo, di una maglietta con un pappagallo rappresentato in una serie di immagini identiche e ripetute, ciascuna delle quali con diversi toni e contrasti di colore. In entrambi i casi, nessuno dei due soggetti, il cavallo ed il pappagallo, sono mai stati oggetto delle opere degli artisti in questione.
In altri termini, ci si deve domandare se le modalità o la tecnica con cui si realizza un’opera d’arte siano esse stesse l’opera d’arte. Oppure, se dette modalità o tecniche sono scindibili dall’opera d’ingegno e, pertanto, non possano assurgere alla tutela del diritto d’autore.
Un indizio, potremmo ricavarlo, a contrario¸ da una recente pronuncia del Tribunale di Milano (sentenza del 12.01.2012, RG 13620/2010 ‘A. Salvetti vs. A. Gualla e J. De Carlo).
In questa occasione, la parte attrice, un celebre scultore e designer di fama internazionale, ha accusato di plagio due architetti per aver riprodotto il cd. “motivo Tronchi” peculiare delle sue opere, sui pannelli di rivestimento di un flagship store di un noto marchio di abbigliamento.

Il “motivo Tronchi” consiste nella riproduzione delle venature e dei nodi dei tronchi d’albero, stampato a rilievo su superfici in fusione di alluminio lucidato, tramite la tecnica della c.d. fusione a terra.
Il giudice ha riconosciuto che gli oggetti riportanti tale motivo (ad esempio: i cassetti componibili realizzati dallo scultore) possono essere qualificati come opera d’arte ma, al contrario, non ha ritenuto che il concetto di utilizzare la riproduzione dell’immagine naturalistica con le modalità espresse sopra possa godere della tutela del copyright.
L’autorità giudicante precisa che tale concetto non è tutelabile di per sé, come opera d’ingegno, perché dall’analisi dei cataloghi e delle raccolte di opere della parte attrice non è stato possibile riconoscere il “motivo Tronchi” come “individualizzante in maniera assorbente l’attività creativa” dell’artista stesso, “essendo lo stesso uno dei tanti motivi riproposti dallo stesso nelle sue opere, ma non certamente l’unico né (forse) il più celebre”. Da ciò ne deriva che la realizzazione di un qualsiasi elemento che contenga l’immagine di una sezione di tronchi in accumulo non è immediatamente ed univocamente riferibile alla parte attorea. Questo fattore impedisce di assegnare lo status di opera d’ingegno al “motivo Tronchi”.[2]
Da quanto sopra si desume, per logica, che qualora un concetto costituisca un processo espressivo omogeno dell’artista, anche tale concetto potrebbe accedere alla tutela del diritto d’autore, in quanto identificativo dell’artista e non scindibile dall’opera d’arte attraverso cui si manifesta.
L’opera d’ingegno è il mezzo attraverso cui l’artista trasmette delle emozioni all’esterno, in modo creativo, sia che lo faccia attraverso le venature di un albero sugli articoli di arredamento, che di cancellature di un testo. Questi “motivi”, questi concetti di utilizzare determinate immagini per comunicare un messaggio, stando a quanto suesposto, potrebbero essere inscindibili dall’opera d’arte quando sono impiegati con costanza tale dall’artista, da divenire il suo segno di riconoscimento.
In altre parole, la tutela potrebbe essere assegnata anche ad un motivo, quali le cancellature di Emilio Isgrò, qualora venga riconosciuto che dette cancellature rappresentano un processo espressivo omogeneo tale da individuare immediatamente ed esclusivamente il loro autore attraverso di esse.
Non rimane che attendere la decisione del giudice adito per il procedimento cautelare, al fine di ottenere una pronuncia che possa rappresentare una conquista importante per tutti gli artisti che abbiano fatto della modalità di rappresentazione delle proprie opere un segno distintivo.

© BUGNION S.p.A. – Luglio 2017


[1] Vittorio Sgarbi riporta l’esempio di Andy Warhol che non può certo rivendicare i diritti di esclusiva sulla riproduzione dell’immagine di Marylin Monroe, perché è solo il personaggio ad avere l’esclusiva dei diritti sulla propria immagine. Inoltre, egli ritiene che se una persona commercializza dei pantaloni strappati, questa stessa persona non può impedire ad altri di strapparsi i pantaloni.

[2] Sul punto, poi, il giudice prosegue affermando che “[…] In materia di diritto d’autore vige un principio ordinatore, unanimemente condiviso e incontroverso, per cui viene data tutela soltanto alla forma espressiva e non anche alle idee che stanno alla base della sua creazione”.