Articolo pubblicato in Bugnion News n.15 (marzo 2016)
Ho sempre creduto che chi investe nella proprietà industriale vedrà nel tempo remunerati i propri sforzi.
Chi poi pianifica e attua strategie di tutela, seminando ad ampio raggio, raccoglierà copiosi raccolti.
È il caso di Max Mara Srl, Società del gruppo Max Mara Fashion Group, che, oltre a proteggere la propria immagine e i propri prodotti con i “tradizionali” marchi e design, da molto tempo ha deciso di proteggere i propri investimenti in ricerca attraverso il deposito di brevetti.
È edificante rilevare che nel settore moda oltre alla consolidata tendenza verso la tutela “del brand” vi è una sempre più diffusa propensione alla tutela della tecnica o della tecnologia per proteggere l’arte sartoriale e la ricerca “made in Italy”.
Tra le varie invenzioni del gruppo Max Mara Srl un ruolo di rilievo merita il modello di jeans “Perfect Fit” tutelato da brevetto per invenzione industriale IT1401348 avente ad oggetto, come da titolo, “Tasca per indumento, metodo di confezionamento della tasca e relativo indumento” depositato nel Luglio 2010 e concesso nel Luglio 2013.
Nel 2012 Max Mara si accorse che il Gruppo Germani s.r.l. (nota per il marchio Kocca) commercializzava un jeans denominato “back up” in potenziale contraffazione del proprio brevetto.
Forte di un ottimo rapporto di ricerca che aveva dichiarato nuove e inventive le rivendicazioni del brevetto così come depositate, Max Mara citò in giudizio per contraffazione il Gruppo Germani e un distributore da cui aveva reperito il jeans di controparte.
La vertenza, durata circa tre anni, si è conclusa con la pronuncia della sentenza n. 472/2016, pubblicata il 14 Gennaio 2016, con la quale il Tribunale di Milano ha confermato la validità del brevetto Max Mara e ha accertato la violazione dello stesso da parte del jeans “back up”.
Il Tribunale di Milano ha riconosciuto la contraffazione su ben tre livelli del brevetto: violazione del prodotto tasca, violazione del metodo di produzione della tasca e violazione del prodotto pantalone.
Accogliendo quindi le richieste di parte attrice, il Tribunale di Milano ha inibito al Gruppo Germani la produzione e commercializzazione del modello di jeans, ha ordinato il ritiro dal mercato del prodotto contestato, ha imposto la “restituzione degli utili” quantificati in euro 1.783.432,00 per il Gruppo Germani e di euro 18.889,54 per il distributore e ha condannato le parti convenute a rifondere a parte attrice le spese di lite e le spese di CTU.
Avverso la predetta sentenza il Gruppo Germani ha già proposto appello.
La sentenza ha destato interesse tra gli operatori del settore sollevando quesiti tra i più disparati tra cui ad esempio: “non sarebbe stato più interessante e coerente per l’impresa una tutela legata alla forma del disegno della tasca?” o ancora “il brevetto, che notoriamente è una soluzione a un problema tecnico, può essere considerato tale anche quando risolve un problema estetico?”
Circa il primo quesito ritengo che il cumulo di tutele (il brevetto e il disegno industriale) sarebbe stata una scelta plausibile per conferire all’impresa il più ampio ventaglio di tutela: il disegno industriale avrebbe generato una tutela verso qualunque tasca dotata dello stesso carattere individuale e priva di qualsiasi effetto tridimensionale mentre il brevetto avrebbe generato una tutela verso qualunque tasca dotata di un effetto tridimensionale a prescindere dalla forma assunta dalla stessa.
Il disegno industriale avrebbe però comportato un compromesso: per definire un deposito nuovo e individuale si sarebbero accolte limitazioni di forma (la tipica forma pentagonale) e di decoro (la cucitura decorativa segno distintivo di ogni azienda) troppo stringenti per una valida tutela.
Per ciò che concerne l’associazione brevetto – problema estetico la tematica merita una approfondita riflessione.
L’Art. 52 comma 2 lett. b) CBE (Convenzione Sul Brevetto Europeo) è categorico nell’escludere dal novero delle invenzioni le creazioni estetiche (“Non sono considerate come invenzioni ai sensi del paragrafo 1 in particolare: a) … omissis … b) le creazioni estetiche.”)
L’esclusione è finalizzata ad eliminare questioni nelle quali un giudizio sarebbe essenzialmente soggettivo ed è coerente con l’esistenza delle specifiche normative di tutela in materia di diritto d’autore e di disegni o modelli ornamentali.
Le Direttive per l’esame Europeo forniscono esempi di soluzioni suscettibili di beneficiare della protezione ai sensi della CBE specificando ad esempio che un libro non è brevettabile in relazione all’effetto estetico o artistico del suo contenuto informativo ma che una caratteristica tecnica della rilegatura di un libro può essere brevettabile anche se l’effetto è puramente estetico.
Tale esempio può essere allora esteso a un pantalone confermando che un jeans con una spiccata gradevolezza estetica non è brevettabile ma che una cucitura di una tasca che conferisce tridimensionalità alla porzione posteriore del jeans può essere brevettata.
Dello stesso avviso è stato l’Esaminatore europeo che nel rapporto di ricerca ha affermato: “The problem to be solved by the present invention may be regarded as: to provide a pocked with a curved three-dimensional conformation such that it adapts to the bodyshape of a wearer wearing an article of clothing with said pocket”.
Dello stesso avviso sono state altre case di moda che, dopo Max Mara, hanno riconosciuto nel “lato b” di un pantalone la risoluzione di diversi problemi tecnici depositando la loro tutela brevettuale (per citarne alcune: Freddy Spa nel 2012 con deposito MI2012A000904 dal titolo “Indumento per modellare le natiche ed i fianchi femminili”, Grotto Spa – nota per il marchio Gas – nel 2012 con il deposito VI2012U000033 dal titolo “pantalone con imbottitura” e Liu-jo Spa nel 2013 con il deposito FI2013U000007 dal titolo “pantalone con vestibilità modellante”).
È quindi indubbio che un miglioramento estetico di un capo di abbigliamento, nello specifico un pantalone, può implicare valutazioni puramente soggettive non tutelabili da una domanda di brevetto ma allo stesso modo non vi devono essere dubbi sul fatto che una tasca con una conformazione tridimensionale ricalcante la regione posteriore del pantalone è meritevole di tutela brevettuale risolvendo, la tasca, un problema tecnico fino ad oggi irrisolto dalle tasche piatte o monolitiche.
Superate quindi le inerzie di coloro che non ritengono tutelabili tecnicamente i prodotti con forti connotazione estetiche, è confortante constatare come anche questa decisione di primo grado confermi che i facili guadagni del contraffattore, colui che non inventa, transitano nelle tasche – o nella tasca tridimensionale (!) – del legittimo proprietario, colui che innova e che provvede a tutelare i propri traguardi innovativi.
© BUGNION S.p.A. – Marzo 2016