Andy Warhol,il grande artista contemporaneo.
Nessun altro come lui è riuscito ad incarnare nelle proprie opere le contraddizioni ed i personaggi del nuovo continente.
Negli ultimi anni, proprio il maggior esponente della Pop Art è stato coinvolto in un’accesa controversia legale in materia di Copyright giunta sino alle aule della Corte Suprema degli Stati Uniti che di recente si è pronunciata con un’attesa sentenza.
La diatriba incomincia all’indomani della scomparsa del noto cantautore polistrumentista Prince Rogers Nelson in arte Prince avvenuta nel 2016 e vede schierata da una parte la fotografa dei divi del rock, Lynn Goldsmith e dall’altra la Fondazione Andy Warhol, istituzione che cura le opere e l’eredità artistica di Warhol scomparso nel 1987. Il caso giudiziario noto come“Andy Warhol Foundation for the Visual Arts, Inc. v. Goldsmith” riguarda una serie di 16 serigrafie create da Warhol che riproducono, in versione artistica, il ritratto iconico del cantautore Prince.
L’opera, commissionata all’artista americano nel 1984 dalla rivista di moda Vanity Fair per accompagnare l’articolo “Purple Fame” dedicato al musicista, fu realizzata da Warhol partendo da una fotografia in bianco e nero scattata a Prince da Lynn Goldsmith nel 1981. I diritti sulla fotografia furono corrisposti dalla rivista alla Goldsmith e la licenza accordata fu concessa esclusivamente per quel singolo utilizzo.
Nel 2016 alla morte di Prince, Condè Nast – editore di Vanity Fair – ha pubblicato un tributo speciale al cantautore, riproducendo sulla copertina della rivista celebrativa una diversa serigrafia della serie Prince, la “Orange Prince”, realizzata da Warhol sempre sulla base della foto scattata da Lynn Goldsmith. Per l’utilizzo dell’opera, la casa editrice ha pagato oltre 10.000 dollari alla Andy Warhol Foundation, mentre alla fotografa non fu corrisposto nulla.
A quel punto, la Goldsmith ha diffidato la Fondazione che a sua volta ha promosso un’azione legale volta al riconoscimento dei propri diritti sulla serie Prince. La fotografa ha contrattaccato chiedendo che fosse dichiarata la violazione di copyright della sua fotografia.
La controversia ruota intorno ai margini di trasformazione e rielaborazione effettuati da Warhol alla fotografia della Goldsmith, in quanto, secondo le leggi americane in materia di diritto d’autore è possibile “copiare” contenuti altrui se vengono trasformati in modo sostanziale secondo una chiara intenzione creativa. In tal caso non si può parlare di copia, bensì di ispirazione.
L’istituto del Fair Use codificato nel Copyright Act degli Stati Uniti promuove la libertà di espressione consentendo l’uso di opere protette da copyright pur in assenza di licenza qualora ricorrano determinate circostanze. Uno degli indici di riferimento nella valutazione del Fair Use è il “Proposito e carattere dell’uso” che valuta l’intento e la natura dell’uso dell’opera. Viene considerato se l’uso abbia scopo commerciale oppure se è reso per esprimere diritto di critica o informazione, per finalità didattiche o di ricerca ed ancora, se l’uso apporti una trasformazione all’opera originale creando un nuovo significato della stessa.
Nell’ambito della “Appropriation Art”, una forma di arte visiva basata su riproduzione di immagini e creazioni artistiche rielaborate in una nuova grafica, generalmente il Fair Use viene riconosciuto dai tribunali statunitensi se riscontrato un uso trasformativo dell’opera originaria e, cioè, quando l’opera utilizzata è stata alterata al punto da trasmettere un messaggio nuovo.
In primo grado, nel 2019 la Corte del Distretto Federale di Manhattan ha accolto la mozione della Fondazione, ritenendo che l’elaborazione artistica della fotografia avesse sufficientemente trasformato lo scatto originale, creando qualcosa di nuovo ed in modo personale al punto che le opere della serie Prince fossero immediatamente percepite dal pubblico come “un Warhol” più che come una fotografia rappresentante il volto di Prince.
Tuttavia, nel 2021 Lynn Goldsmith ha proposto appello alla sentenza di primo grado ottenendo una pronuncia opposta. È stato decretato che l’opera di Warhol manteneva gli elementi essenziali della fotografia della Goldsmith senza aggiungere o alterare gli elementi sostanziali dello scatto e dunque violava il Fair Use.
La Andy Warhol Foundation ha quindi chiesto alla Corte Suprema degli Stati Uniti il riesame della sentenza resa in appello, ribadendo la legittimità dell’opera di Warhol in quanto trasformativa, come ritenuto nel primo grado di giudizio.
L’atteso verdetto della Corte Suprema emesso lo scorso 18 maggio 2023 conferma la decisione della Corte d’Appello, secondo la quale Warhol ha leso il diritto d’autore intervenendo sulla fotografia che Lynn Goldsmith aveva scattato nel 1981. Il massimo tribunale statunitense ha ritenuto che i cambiamenti applicati da Warhol alla fotografia non bastassero a trasformala a sufficienza per ritenere un “Fair Use” ed ha concluso quindi che la Fondazione non avesse il diritto di concedere in licenza a Vanity Fair la serigrafia senza prima pagare alla Goldsmith un’ulteriore licenza per utilizzare la sua foto.
A tale conclusione la Corte è giunta partendo dall’assunto che “le opere d’arte originali come le fotografie sono protette dal diritto d’autore anche quando vengono utilizzate da famosi artisti. Tale protezione include il diritto di creare opere derivate che trasformano l’originale. L’uso di un’opera protetta da copyright può tuttavia essere corretto se, tra l’altro, l’uso ha uno scopo e un carattere sufficientemente distinti dall’originale” In questo caso, tuttavia, la fotografia di Prince di Goldsmith e l’uso della fotografia da parte di Andy Warhol Foundation in un’immagine concessa in licenza ad una rivista in edizione speciale dedicata a Prince, condividono sostanzialmente lo stesso scopo commerciale. Andy Warhol Foundation non ha offerto altra giustificazione persuasiva per il suo uso non autorizzato della fotografia.
Ci si chiede ora se la sentenza possa avere conseguenze sulla creatività e libertà espressiva degli artisti, dato il labile confine tra ispirazione e copiatura nell’ambito della Appropriation Art e l’incerta applicazione dell’istituto del Fair Use.
Il timore principale è che tale decisione possa essere d’ispirazione per futuri giudizi in tema di diritto d’autore, esponendo altri artisti a violazioni di copyright qualora riprendano, pur rielaborandole, opere antecedenti, sebbene vada considerato che molte delle argomentazioni addotte dalla Corte Suprema si riferiscono al mancato pagamento delle royalties dovute alla Goldsmith.
Le diverse interpretazioni rese nei tre gradi di giudizio, acuiscono l’importanza di una valutazione puntuale degli elementi che influenzano il Fair Use nella disciplina del diritto d’autore, evidenziando che tale istituto non rappresenta una protezione assoluta e che ottenere preventivamente una licenza di portata bene definita può essere fondamentale soprattutto nel caso di utilizzi commerciali di opere creative.