Immaginate di poter coprire, in auto e con un solo pieno, la distanza che separa in linea d’aria Milano da Mosca. Di poter fare andata e ritorno da Roma a Parigi senza neanche un “pit-stop”. È questo il sogno di Volkswagen, che dopo aver apparentemente criticato la tecnologia a idrogeno, ha (saggiamente) lavorato sottotraccia per creare un’auto capace di percorrere anche 2.000 km con un solo pieno.
Come funziona
La casa automobilistica tedesca infatti, in collaborazione con il partner Kraftwerk Tubes, ha depositato tre domande di brevetto che riguardano un dispositivo a celle a combustibile ad ossidi solidi e un veicolo a celle a combustibile. Se l’invenzione di Volkswagen andrà in porto, dunque, nascerà una nuova categoria di auto, che risulterà non solo più “energy-efficient” ma anche molto meno inquinante rispetto al panorama attuale.
Stando alle prime indiscrezioni, una delle grandi novità che costituiscono il perno di questa famiglia brevettuale starebbe nei materiali, che vedono l’introduzione di una speciale membrana di ceramica che funziona senza l’utilizzo di platino, uno dei metalli più rari e costosi del pianeta, nonché uno dei principali ostacoli alla produzione di pile a combustibile. Una differenza di non poco conto rispetto alle opzioni proposte dai “cugini” di casa Toyota o Hyundai, che si affidano a membrane realizzate con polimeri molto costosi.
L’adozione di questi materiali invece renderebbe molto convenienti le celle a combustibile, che porterebbero in dote al veicolo una notevole capacità di alimentare “in tempo reale” i suoi motori elettrici, producendo energia direttamente dall’idrogeno (che sarà quindi il combustibile a zero emissioni utilizzato nelle celle) e dicendo così addio alle pesantissime e problematiche batterie tipiche delle odierne auto “full-electric”.
Il Cambio di rotta
Un’innovazione che fa ancora più rumore se si pensa che, soltanto pochi mesi fa, l’allora CEO di Volkswagen Herbert Diess era stato piuttosto perentorio nei confronti della tecnologia a idrogeno, dedicandole questo tweet: “Troppo costosa, inefficiente e difficile da diffondere. Non va bene per le automobili”, dichiarando senza mezzi termini che VW avrebbe puntato tutto sull’elettrico.
Presa di posizione che è costata molto cara a Diess, che poco dopo ha rassegnato le proprie dimissioni dal gruppo, sembra, proprio a causa delle divergenze di opinioni con il resto del consiglio sulla direzione da prendere per il futuro.
Al suo posto, oggi, siede Oliver Blume, già numero uno di Porsche e, come appare evidente da queste domande di brevetto, il vento sembra aver decisamente cambiato direzione.
In un’intervista a Business Insider Germania, inoltre, il fondatore di Kraftwerk Tubes, Sascha Kuhn, ha dichiarato che questa innovativa cella a combustibile sarebbe in grado di generare una dispersione di calore pari a circa 400 gradi, che potrebbe essere riutilizzata come fonte di energia “alternativa” per azionare sia il riscaldamento che l’aria condizionata tramite l’impiego di un semplice scambiatore di calore, in piena ottica di economia circolare.
Illustri cambi di timone a parte, e pur tenendo un occhio di riguardo agli effetti collaterali positivi di questa tecnologia alternativa alle classiche batterie, non va trascurata un’osservazione molto importante sulla direzione – anzi sulle direzioni, al plurale – della ricerca tecnologica moderna: quando diversi trend tecnologici sono in competizione tra loro, si deve fare “di necessità virtù” dedicando equi sforzi a ciascuno di questi, finché non ne emergerà uno “dominante”.
In termini di allocazione delle spese in ricerca e sviluppo, la considerazione appena esposta può spaventare, ma il rischio opposto è molto maggiore (e anche più tangibile in termini di “sottrazione forzata della poltrona”): perseguire un solo trend tecnologico, e magari concentrare la propria “batteria difensiva” di titoli brevettuali entro un solo “territorio”, può allontanare troppo un’azienda dalla retta via tecnica, quando questa finalmente si paleserà. Come si dice in questi casi, quindi, il risparmio di oggi potrebbe tradursi in una affannosa rincorsa di dopodomani.
E si sa, inseguire è sempre peggio che stare al passo.